DAMNATIO MEMORIAE

GENESI, VITA, VICISSITUDINI, GIOIE E DOLORI DI UN INNO

Damnatio memoriae : perché dare questo titolo a queste brevi note riguardanti l’inno della Brigata “ Sassari” dell’Esercito Italiano, divenuto – sin dai primi momenti successivi alla sua composizione da parte dell’autore – popolarissimo sia in Sardegna e in Italia sia in numerose altre parti del mondo? Per il motivo, tanto semplice quanto increscioso, che mentre moltissime persone conoscono DIMONIOS, pochissime sanno chi l’abbia scritto e composto. Nell’Antica Roma, una persona invisa al Senato o al Popolo veniva condannata all’oblio e il suo nome veniva persino cancellato – se necessario, a colpi di scalpello – da ogni monumento a lei dedicato e da ogni sua opera materiale o puramente intellettuale. Non ne avevo, sino ad ora, compreso il motivo, ma ho sempre avuto la sensazione che qualcosa di simile fosse accaduto all’autore di questo bellissimo inno tanto caro a tutti coloro che amano la musica e, in particolar modo, quella con gli alamari e le stellette… Non avrei osato sperare che l’autore in questione seguisse l’attività divulgativa di Alamari Musicali sui social (in particolare su Facebook / Meta) e che mi contattasse (seppure tramite interposta persona). Questo, invece, é accaduto pochi minuti prima che mi accingessi a scrivere questa introduzione: a ventotto anni – quasi esatti! – da quell’autunno dell’anno millenovecentonovantaquattro in cui il Tenente Colonnello Luciano Sechi di Magomadas (Oristano), all’epoca Capitano in forza alla Brigata “Sassari” ne compose l’inno.

Ho deciso di riportare, parola per parola, il suo racconto: Penso sia una sorta di dovere morale anche nei confronti dei soldati che, avendo compreso immediatamente e apprezzato lo sforzo del proprio Capitano di non usare parole grondanti retorica o esaltazione nel racconto della epopea della eroica Brigata cui essi stessi appartenevano, ne hanno spontaneamente determinato la diffusione – come avveniva nelle trincee durante la Grande Guerra (1915 – 1918) che vide protagonisti i loro predecessori – cantandolo nelle riunioni conviviali e nelle feste paesane dalle piane del Campidano fino al Logudoro e persino negli ovili durante le feste per la tosatura. Il suono delle launeddas, il canto a cuncordu e il “virile” boh…boh.. del canto a tenores palesemente martellante hanno fatto il resto.

LA VERA STORIA DI DIMONIOS.

Ricordo come se fosse ieri quella mattina di fine settembre del 1994 nel cortile della Caserma Alberto Bechi Luserna a Macomer, sede del 45° reggimento Reggio. ero arrivato da quattro anni dalla nebbiosa Torino e iniziavo a godermi le bellezze della mia isola e del suo splendido clima. quel giorno tutta la caserma era in fermento…arrivava in visita al reparto, il Gen. Nicolò Manca da Ortueri, primo Comandante sardo della Sassari (per noi valeva più di una decorazione), per me fu una grande emozione: il mio Comandante diretto alla Cremona (appartenevo allora alla Compagnia Controcarri di stanza a Pinerolo) era lì, mio Comandante di Brigata. Mi vennero in mente le giornate “torinesi”, il buio cortile del condominio di Corso Sebastopoli dove abitavamo, rallegrato dalle voci dei bambini tra i quali anche mio figlio che in qualche modo cercava di giocare con i più grandi tra i quali il figlio dell’allora Colonnello Manca. Ricordavo la figura di quel bersagliere sardo che, per caricarci e spiegarci le fasi di qualche cerimonia o esercitazione, disdegnando i palchi e le tribune saliva sulle camionette. Sempre con il sorriso, ma inflessibile nell’indicare ad un gruppo di Ufficiali ritardatari la porta di uno splendido bar al centro di Cremona dove manco a dirlo eravamo tutti invitati ed eravamo veramente tanti a vedere il pallore dei quattro malcapitati.
Torniamo al fatidico settembre del 1994…come tutti gli altri …lo saluto formalmente e lui come se non lo sapesse “ …E tu. cosa ci fai qui?” sorrisi e gli rammentai di un pomeriggio di tre anni prima quando, impegnato in un corso a Caserta andai a trovarlo nella caserma Federico Ferrari Orsi dove lo vidi pedalare per il cortile. Dopo un buon caffè mi aveva lasciato dicendo “É probabile che ci si veda in Sardegna” (forse già sapeva del suo prossimo incarico). Torniamo a Macomer: finite le formalità, sempre nel cortile, mi disse “ Lo sai che la Brigata non ha un inno?” risposi “ Si sig. Generale” e dentro di me pensai “ Ma che c’entro io?”. Lui continuò: “ Mi aspetto da te un’idea. una composizione…qualcosa. e in fretta”. Questo approccio alla bersagliera mi lasciò di stucco. Non sapevo minimamente che il Generale si stesse già muovendo, chiedendo ai vari reparti se vi fosse qualcuno in grado di esprimere musicalmente qualcosa . Promise anche vari giorni di licenza e un premio in denaro ai soldati che avessero proposto qualcosa di valido. Tra il 1990 e il 1991 dirigevo un coro femminile di 22 ragazze con le quali animavo la liturgia in chiesa avvalendomi della mia chitarra, con l’aggiunta di qualche flauto e qualche tamburello suonato dalle ragazze. Il compianto Colonnello Antonio Angius del Comando di Brigata, che aveva una casa in campagna proprio a Magomadas, conosceva la mia attività ”musical-canora” e aveva fatto il mio nome al Generale.

Dico la verità: tutto mi sembrava una cosa assurda. Un conto era scrivere due canzoni per la Messa e suonarle con la chitarra, altro era inventare un inno per la Brigata “ Sassari”: una impresa che avrebbe fatto tremare i polsi anche a un musicista vero. Immaginate a me, semplice dilettante. Per un paio di giorni non pensai più a quella richiesta, tanto che credetti che ormai per il Generale fosse una cosa già passata di mente. Erano trascorsi non più di sette giorni e squillò il telefono. Risposi con un “ Pronto…”. Dall’altro capo solo una parola….per me “terrificante”: ” …Manca. ” (così si presentava). Riconobbi subito la voce e risposi quanto più formalmente potei.. ”E allora? Stai lavorando? “. In un attimo ricordai tutto. Non si era dimenticato! Farfugliai qualcosa, ma il “bello” doveva ancora venire: “Ti aspetto a Sassari tra una settimana, così mi fai sentire cosa hai fatto.”. Non sapevo come uscirne! Ero appassionato di poesia e di musica, ma dovevo condensare tutta un’ epopea in pochi versi e con adeguate note. Quel pomeriggio impiegai più di tre quarti d’ora per rientrare a casa… Guidavo piano e, nella mente, cercavo di immaginare delle parole e un ritmo che differisse dalle colte composizioni musicali – non sarei stato comunque in grado di farle, dato che non ho studiato musica, composizione e armonia – ma fosse, semplicemente, marciabile. Per tanti giorni iniziai a tamburellare un ritmo sul volante e canticchiare le parole che avevo nella mente. Scrissi le parole e iniziai a suonare le note su una vecchissima pianola di mia figlia. Con due strofe e il ritmo nella mente mi presentai al Gen. Manca. Era di pomeriggio… Lesse le parole… Ascoltò, anzi sentì, il ritmo e mi disse ”Lo sai che mi piace?”. Tirai un sospiro di sollievo. Mi fece rientrare a Macomer con la promessa che dopo una settimana sarei tornato per insegnare il ritmo e le parole ad un primo gruppo di militari. Trascorsa una settimana ritornai e , lo ricordo come che fosse ieri, nel cortile dove si svolgeva l’alza bandiera, oltre al Generale Manca trovai il Capitano Andrea Alciator e la sua Compagnia: tutti pronti ad intonare per la prima volta Dimonios. Tutto era pronto per la partenza ufficiale. Ebbi l’ordine di recarmi il più presto possibile a Cagliari – sede della Banda – con il primo spartito in modo che i musicisti potessero impararlo e successivamente suonarlo. Riunii alcuni ragazzi che come me gia’ cantavano in vari cori polifonici sardi : Antonio Poddighe di Romana, Massimo Achenza e Mariano Calzoni di Usini, Chicco Alzu di Suni ( autista) e forse qualche altro di cui non ricordo il nome. Per avere un supporto musicale valido a supportare le voci chiesi a Fabrizio Caggiari, organettista in un gruppo folk di Oliena di suonare Dimonios con l’organetto diatonico. Finito il servizio ci trovavamo in un angolo del cortile per mezz’ora di prova. La maestria di Fabrizio fece un miracolo: in pochi giorni eravamo pronti ad andare a far sentire alla Banda musica e canto. Con un minibus scendemmo a Cagliari, senza smettere un attimo di cantare e suonare : l’avventura era iniziata!
Il Generale Manca, entusiasta dell’accoglienza del brano da parte dei soldati, fa stampare dalla tipografia Chiarella di Sassari un pieghevole che riporta sia il testo – due strofe – sia lo spartito, scritto dalla mia ingenua dilettantesca mano. L’inno ormai viene suonato dalla Banda, e, come già detto è la colonna sonora di incontri conviviali o semplici riunioni di militari che lo insegnano agli amici.

Una bella mattina entrai in caserma e vidi dei militari, che mi sorridevano e in lingua sarda dissero: “ Capita’… Como la podimos intender cando cherimos !”. Chiesi subito di cosa parlassero, al che uno di loro tolse dalla tasca una musicassetta dalla copertina bianca e intitolata Dimonios. Era della Banda della Brigata e, tra gli altri brani militari, conteneva appunto Dimonios. La guardai: dapprima con curiosità, poi con rabbia: era appena iniziata la damnatio memoriae! Era la prima volta che in una musicassetta veniva inciso il brano e, vicino al titolo, non appariva minimamente il mio nome quale autore del testo e della musica!? Un atto di estrema scortesia e palese volontà di mettermi in qualche modo da parte. Parlo della faccenda con il Tenente Angelo Oggianu, cugino di mia moglie, valente chitarrista e più esperto di me dei diritti d’autore nonche’ Tenente del 45° reggimento. Angelo mi consigliò di andare il più presto possibile ad una sede SIAE per cercare di depositare il brano. La sera stessa andai a Sassari e chiesi di essere ricevuto dal Direttore dell’ Ufficio SIAE locale. Vi erano delle difficoltà a ricevermi (forse per il sopraggiungere dell’orario di chiusura). Tentai il tutto per tutto e dissi alla segretaria che avevo urgenza di parlare al Direttore, presentandomi come Capitano Luciano Sechi, autore dell’inno Dimonios. Ecco la bacchetta magica! Dopo neanche un minuto, ero davanti al Direttore che – gentilissimo – mi fece accomodare e – appena iniziai a parlare – senza dir nulla, tirò fuori dal cassetto una copia della musicassetta e mi disse: “Capitano. parla di questa?”. Rimasi un po’ stupito e lui, senza darmi tempo di dire alcunché’.: “ Ho capito….ora le fornisco i moduli di iscrizione e deposito…lo faccia immediatamente entro domani …mi raccomando. subito!”. Da esperto del settore aveva capito che qualcosa non andava. Non me lo feci ripetere due volte: presi i moduli e l’indomani stesso spedii la documentazione. Sarò sempre riconoscente a quel solerte e lungimirante dirigente. Visti i risultati, chissà oggi di chi
sarebbe stato Dimonios! Intanto, venni richiamato dal Generale Manca che mi fece notare quanto fosse breve il testo e mi chiese di aggiungere qualche strofa, cosa che feci prontamente dedicando le ulteriori due strofe alla purezza d’intenti e alle missioni di pace del nostro tempo. Risale proprio a quel periodo l’aneddoto – che il Generale Manca, puntualmente, riporta – in cui lui mi disse, tra il serio e il faceto “ Se non fai le cose in fretta e per bene rimani Capitano a vita! “. E di seguito “ Ma si può aggiungere qualche cosa anche in ortuerese ?”. Ebbi una sferzata di orgoglio e gli risposi che forse era meglio se continuassi io e finissi l’opera così come l’avevo iniziata.

Arrivò il momento del cambio del comandante: il Generale Manca cedette il comando al Generale Raffaele Grieco, un Generale non sardo che, pur essendo Bersagliere ed aver avuto sotto il suo comando la prestigiosa Fanfara del 3° Bersaglieri, poco si interessava di musiche militari. Notò comunque che i militari cantavano e fischiettavano Dimonios e chiese che cosa fosse, dato che si era ritrovato nel cassetto della scrivania un testo completo di spartito. Veloci come un fulmine ecco i cari colleghi…” No. sig. Generale…è un brano scritto da un Capitano del 45°…doveva essere l’inno della Brigata. ” E così, di seguito, a minimizzare e far cadere nel dimenticatoio quello che era già ufficialmente l’inno della Brigata (in quanto voluto e sancito dal Generale Manca). Le rare esecuzioni a livello ufficiale – a Macomer, per il Giuramento delle reclute venne normalmente eseguito (e posso senza ombra di dubbio asserirlo dato che ero speaker ufficiale della cerimonia da quegli anni fino alla fine della leva) – consentirono che non cessasse il diffondersi del brano. Iniziarono, anzi, ad eseguirlo vari gruppi di canto in lingua sarda tra i quali – per primo, anche se con un’armonizzazione particolare – il Coro di Ozieri, che lo presentò addirittura per la prima volta durante la premiazione del “ Premio Ozieri” (sicuramente il premio più prestigioso della poesia sarda). Tra i gruppi a tenores, il primo che lo armonizzò e presentò fu “ Su Cuntzertu Abbasantesu” di Abbasanta (con l’amico Felice Cau, per tutti Lice). Giunse a termine anche il periodo di comando del Generale Grieco: gli subentrò il Generale Giangabriele Carta, un Ufficiale che “conoscevo” dai tempi di Pinerolo quando – dirimpettaio della caserma del Nizza Cavalleria – guardavo con ammirazione la gigantografia di un fiero ufficiale sardo a cavallo: il Capitano Carta. Lo conobbi, poi, personalmente durante una festa del Corpo, celebrata appunto nella Caserma Alberto Litta Modignani (sede del Nizza Cavalleria). Il Generale Carta non diede ascolto alle voci di corridoio ed entusiasta volle che l’inno venisse suonato durante la rassegna ai reparti. In un articolo del giornale “Cagliari Casteddu”, venne travisata completamente l’azione del Generale Carta, scrivendo il titolone in grassetto “ Il Gen. Carta fece musicare l’inno Dimonios”: all’interno dell’articolo, il Generale spiegava bene che lui fece soltanto suonare di nuovo l’inno………..

Intanto, finita l’era delle musicassette, era iniziata quella dei compact disc. Come al solito, vennero incisi senza che ne sapessi alcunché e senza essere invitato alla presentazione. Il cd mi venne regalato dal Maresciallo gestore del Circolo dei Diavoli Rossi! Questa volta il mio cognome era stato scritto, anche se non si curarono di scriverlo correttamente. Sarà anche un peccato veniale e per alcuni cosa di poca importanza, ma tutto concorre al poco interesse nel fare le cose accuratamente. I correttori di bozze sono sempre più rari… Ad onor del vero, debbo all’allora Vice Comandante, Colonnello Pino, il dono di alcuni cd (dato che, nel frattempo, ne erano stati pubblicati altri, ma – come al solito – nessuno si era premurato di invitarmi alla presentazione…anzi!). Accadde anche lo scorso Natale: a Sassari, in occasione delle festività natalizie, venne fatto un concerto e Dimonios venne eseguito nella versione solista cantata da Maria Giovanna Cherchi (nota cantante folk sarda). Mi hanno invitato, almeno per amicizia se non per dovere? Ma quando mai! Ho saputo dell’evento tramite i giornali e tv locali… Vogliamo poi parlare del Premio Zenias, assegnato – a Ittiri – alla Banda della Brigata Sassari? Meritatissimo, indubbiamente! Ma, dato che – nella motivazione – si “sprecano” gli elogi per il “famoso, travolgente inno simbolo della Sardegna” pensavo che – non certo per ricevere alcun premio, ma almeno come ospite – sarei stato invitato. Nulla!

Anche il Generale Carta terminò il periodo di comando e gli subentrò il Generale Sabatelli. É durante il suo periodo che subisco lo smacco peggiore e la peggiore azione nei miei confronti. Ancora mi brucia e non riesco a capacitarmi della ragione per cui sia accaduto quanto mi accingo a raccontare.
Fu deciso di presentare ufficialmente l’inno. Quale migliore “veicolo” della televisione? L’emittente regionale Videolina decise di approntare un programma intitolato Antologia di Sardegna (condotto dal giornalista Dott. Frigo), la cui sigla era appunto dedicata all’inno della Brigata Sassari (dato che, sullo sfondo della bellissima Cagliari, appariva la Banda che eseguiva proprio l’inno). Tutti si guardarono bene dall’invitarmi: presenziarono vari colleghi, ma io ….nulla! La cosa peggiore fu che il giornalista, durante tutta l’intervista, non chiese mai la cosa più ovvia e naturale: ”Ma l’inno. chi l’ha scritto?”. Una caduta di stile inimmaginabile, che ancora oggi mi fa soffrire anche perché – manco a dirlo – il mio nome non appariva neanche nei titoli di coda. Fu aggiunto, soltanto dopo mie reiterate proteste con la direzione dell’emittente, nelle ultime puntate delle circa quaranta trasmesse!

Ero a Nulvi, cantavo – con il mio coro – in una rassegna regionale, quando mi giunse una concitata telefonata di mio figlio: ” Babbo…sono ad Olbia…sai nulla di un vino di pregio denominato Dimonios che riporta in etichetta una strofa dell’inno? “
caddi dalle nuvole e già il mattino dopo mi misi in contatto con il dott. Antonio Posadinu della direzione vendite della Sella & Mosca. Un putiferio! Loro asserivano che tutto era stato commissionato dalla Brigata e che erano in possesso delle autorizzazioni, una delle quali asseriva che l’autore aveva rinunciato a tutti i diritti. Nulla di più falso! Iniziò il calvario. Io mi rivolsi a
Giuseppe Bardini, un mio ex Sottotenente che esercita la professione di Avvocato ad Olbia, che si trovò a combattere contro il team legale della Davide Campari Spa di Milano. Lascio immaginare: in ogni modo, “minacciai” di bloccare la produzione, se non venisse almeno cambiata l’etichetta. L’ottenni, ma – preso dall’ira e dalla voglia di finire tutta la storia – non seguii i consigli e le direttive datemi dall’Avvocato Bardini e chiusi direttamente io con la Sella & Mosca: mi venne pagato un forfait e mi furono donate delle bottiglie di vino per alcuni anni. Ad oggi, tutto è finito. La Ditta continua ad omaggiare la Brigata con un congruo numero di bottiglie ed io, qualora volessi donare una bottiglia, dovrei comprarla pagandola di tasca mia! Ribadisco – a piena voce – sia con la Direzione della Sella & Mosca che con il Comando Brigata che, senza il mio intervento e conseguente azione legale, non mi avrebbero invitato neanche alla presentazione ufficiale del nuovo vino. Un distogliere lo sguardo e improvviso mutismo mi fecero capire che effettivamente sarebbe stato un altro colpo di scalpello!

E, ancora, in occasione dell’ottantesimo anniversario della Battaglia dei Tre Monti, vennero fatti e presentati annulli postali speciali a tiratura limitata, destinati ai collezionisti di tutto il mondo. Nel retro, fu riportato il testo dell’inno. Sorpresa ! Dicitura finale…testo del Ten. Col. Luciano Sechi e musica del Maresciallo Atzeni. Alle mie proteste, il Presidente dell’Associazione filatelica mi rispose: ” Questo ci hanno dato al Comando Brigata!”

Il 19 Novembre 2022, a Biella, durante un Concerto di beneficenza svoltosi nel Duomo dove riposano le spoglie dei fratelli Lamarmora, la Banda della Brigata Sassari – oltre ad altri brani – esegue, naturalmente, Dimonios. Guarda caso, il mio nome non viene citato come autore! Vengono citati gli autori di altri brani eseguiti, ma io…..evidentemente non son degno… Viene però detto che il brano ”è stato arrangiato in seno alla Banda”.

Che dire poi delle ultime interviste alla tv Rai News 24 e su qualche tv locale da parte di “addetti ai lavori”, in cui non si ha la compiacenza di nominare almeno di sfuggita l’autore dell’inno, nonostante l’intervista si basi – appunto – su Dimonios?

Ci sarebbero altre decine di episodi da raccontare, ma – per mia dignità personale e perché non ho voglia, tempo e denaro da impiegare in azioni legali – tralascio e non riporto, ma non dimentico.

A prescindere da tutto questo, di una cosa sono orgoglioso: é un canto che é entrato nel cuore della gente, anche di chi non conosce la lingua sarda. Fanno testo le decine di migliaia di visualizzazioni (cosa curiosa, anche su YouTube nessuno chiede chi l’abbia scritto). Fanno testo gli Istituti di Formazione di ogni Arma o Corpo che hanno Dimonios tra le musiche militari: lo esegue anche la sezione Tamburi e Trombe della Scuola militare Teuliè di Milano e tutti gli allievi la cantano a tempo di marcia… Fa testo l’emozione di sentirla suonare dalla Banda della Brigata Sassari ai Fori Imperiali per la Festa della Repubblica: in special modo, dopo il terremoto dell’Emilia nel 2012, quando la Banda della Sassari fu – per volere del Capo dello Stato – la sola a sfilare cantando il proprio inno. Lo considerai un tributo e una minima ricompensa per tutte le migliaia di Sassarini morti in ogni tempo e in ogni luogo. Fanno testo le decine di gruppi di canto che la eseguono in ogni lingua. Fanno testo le attestazioni da me ricevute dai Presidenti della Repubblica Italiana Cossiga, Ciampi, Napolitano e Mattarella. Fanno testo le decine di ottime bande musicali che hanno Dimonios in repertorio. Fa testo il fatto che l’Orchestra Giovanile di Sassari – diretta dal M° G. Battista Ledda – l’esegua all’interno di Peraulas e sonos de Sardigna, un’opera che narra la storia della Sardegna attraverso la musica. Fa testo la presenza di Dimonios nella raccolta dei quaranta brani più significativi della Sardegna, a cura del M° Marco Pibiri (padre di Alessandro che perse la vita in terra straniera con i colori della Sassari). Fa testo lo sguardo di Papa Francesco quando ricevette il testo, quello scritto a mano da me. Fa testo l’attestazione della Regione Autonoma della Sardegna che lo ha considerato patrimonio della Sardegna (così come i Lions International durante pubblica cerimonia). Fa testo la candidatura di Dimonios quale Inno Ufficiale della Regione Sarda. Fanno testo gli alunni e studenti di scuole di ogni ordine e grado che in varie occasioni lo eseguono. Fa testo il canto accorato di Dimonios in onore di tutti i Caduti ai piedi di Nuraghe Chervu, splendido pezzo di Sardegna voluto dalla comunità Sardo-Biellese di Biella, guidata dall’instancabile e incomparabile cultore della Sardegna Battista Saiu. Fanno testo le scuole civiche di musica in cui viene regolarmente insegnato. Fa testo l’esecuzione di Paolo Fresu al Festival delle Dolomiti. Fa testo il premio ricevuto dalla Banda della Brigata Sassari a Ginevra durante l’incontro di Bande Militari (anche in quel caso riuscirono ad offendermi, cancellando – il giorno prima della partenza – il mio foglio di viaggio quale accompagnatore ufficiale della Banda, che partecipava al concorso con “ Dimonios” e mandando un altro Ufficiale che nulla c’entrava con la questione o meglio. c’erano delle questioni che non dirò per mia dignità personale). Fanno testo gli articoli su varie testate regionali e nazionali. Fa testo l’intitolazione del Circolo Regionale Sardo dell’Abruzzo e del Molise all’inno Dimonios (primo al mondo). Fa testo il nome Dimonios dato ad una nave passeggeri della flotta sarda. Fa testo il libro a fumetti che Bepi Vigna – fumettista di fama internazionale – ha intitolato Dimonios. Fa testo la scelta di Dimonios come sottofondo musicale, nel 2022, durante la serata finale del Premio Strega. Fa testo il fante, Pierluigi Farci di Sinnai, che mi omaggiò – primo in Sardegna – dell’esecuzione di Dimonios con le launeddas. Fa testo l’esecuzione fatta dalla tromba solista del Caporale Collu in una tetra stanza a Sarajevo, con molti gradi sotto zero nel 1999. Fa testo l’emozione di vedere un monumento dedicato solo all’inno: nel Comune di Magomadas, luogo dove l’inno vide la nascita fu eretto un artistico e bellissimo monumento in basalto e marmo di Orosei, opera di Piero Obinu, marmista di Suni. Fa testo l’omaggio tributato ai nostri tremila caduti dell’Armata d’Oriente che riposano nel cimitero di Zeitenlik a Salonicco: durante la commemorazione il Generale Scopigno (già Comandante della Sassari) ha voluto che risuonassero le note di Dimonios, eseguite dalla Banda del Corpo d’Armata “C” dell’ Esercito Greco. Fa testo lo speciale annullo postale con il testo di Dimonios che a cura delle Poste Italiane viene riportato sulle cartoline con le copertine d’epoca de La Domenica del Corriere raffiguranti le gesta della Brigata Sassari nella Grande Guerra. Fa testo la lectio magistralis – voluta dal Comandante Colonnello Marco Granari e tenuta al 151° Reggimento a Cagliari per spiegare il vero senso dell’inno: tale lectio, ripresa con strumentazione professionale, verrà divulgata capillarmente. Fa testo il fatto che il compositore M° Fulvio Creux, già Direttore della Banda dell’Esercito e autore della marcia di ordinanza dell’Esercito Italiano, nella sua opera Elegia a Gorizia abbia voluto inserire delle parti di Dimonios poiché lo considera “forse la più celebre musica militare italiana”. Fa testo l’emozione indescrivibile che mi toccò nel più profondo dell’animo quando qualche anno fa, in una trasmissione di Rai 1 dal titolo Storie Vere si raccontò la storia di un signore di Pavia che, colpito da un devastante aneurisma cerebrale, era stato ricoverato in gravissime condizioni e poi era rimasto in coma: dopo lunga terapia e permanente coma, i medici avevano consigliano ai familiari un costante impegno nello stimolare in ogni modo il loro caro; dopo mesi, il loro caro si risvegliò improvvisamente quando il figlio aveva fatto suonare all’orecchio del padre l’inno Dimonios, che amava tanto da averlo messo come suoneria del telefono mobile. Il signore stava bene e raccontò egli stesso in studio la propria storia. In tutto questo tempo non son riuscito a contattarlo e abbracciarlo, almeno virtualmente ma …non dispero Se la mia musica e le parole dell’inno hanno contribuito a salvare una vita. considero questo come la cosa più bella che potesse capitare nella storia mia personale e in quella di questo brano che ormai é nel cuore di innumerevoli persone.

Uniquique suum ….dicevano i latini o come dice Fabrizio Caggiari con il suo bel dialetto olianese ” A cadaunu su suo”.

Chissà quante cose ho dimenticato ma….una cosa è certa: non dimentico gli amici veri che in tutti questi anni mi hanno incoraggiato e spronato: in primis, il Generale Nicolò Manca, che mi ha sempre con i fatti, con le parole e con gli articoli difeso e protetto; il M° Alberto Cugia, che con competenza musicale e determinazione ha recentemente scritto la strumentazione per Banda sinfonica di Dimonios; il mio Maestro Gio Maria Tedde, al quale – per primo – feci vedere la mia prima ingenua trascrizione della melodia su un quaderno scolastico di musica e feci sentire il canto.

La strumentazione per banda sinfonica di DIMONIOS (inno della Brigata meccanizzata Sassari dell’Esercito Italiano, composto e scritta da Luciano Sechi) ad opera di Alberto Cugia é stato eseguito – durante una serata dedicata alla musica sarda, svoltasi il 2 dicembre 2022 nel Circolo Ufficiali del 3° Reggimento Lombardia dell’Arma dei Carabinieri – dalla Fanfara del 3° reggimento Carabinieri Lombardia diretta dal Maresciallo Capo M° Andrea Bagnolo, che ha voluto seguire fedelmente in ogni sfumatura l’intenzione iniziale del compositore di Dimonios. Insieme ai musicisti della Fanfara del 3° Reggimento Lombardia dell’Arma dei Carabinieri, il Coro Stella Maris di Magomadas e le launeddas del Generale Dante Tangianu.

Dimonios: testo e musica di Luciano Sechi – strumentazione per banda sinfonica: Alberto Cugia

Lo stesso spartito completo, così come ideato da Luciano Sechi e strumentato da Alberto Cugia, è attualmente allo studio della Banda musicale dell’Esercito Italiano e della Banda musicale del Corpo della Polizia Penitenziaria. Le due Bande lo eseguiranno quanto prima…

Alberto Cugia, capo fanfara della Fanfara Pasquale Russo della sezione di Dolianova dell’Associazione Nazionale Bersaglieri da lui stesso create nel lontano 1975, ha dato – nel 2017, su richiesta del Col. Gabriele Cosimo Garau (*) – un contributo determinante alla ricostituzione della Fanfara in armi del 3° reggimento Bersaglieri della Brigata meccanizzata Sassari (diretta dal Caporal Maggiore Capo Scelto Massimo Pia) della cui Banda musicale é, peraltro, un cofondatore (nel 1988, su richiesta del Generale Malorgio, Comandante della Regione Militare Sardegna: in quella occasione compose la marcia BRIGATA SASSARI

Nei primi Anni Ottanta, su richiesta dell’allora comandante Colonnello Giorgio Fontana, Alberto Cugia aveva collaborato alla creazione della fanfara del 1° Reggimento Fanteria Corazzato di Teulada (1981-1987) e, nel 1973, aveva svolto il servizio militare di leva nella fanfara del 1° Battaglione Bersaglieri di stanza a Civitavecchia. Come si dice? Bersagliere a vent’anni, bersagliere tutta la vita!

Eppure, a quanto pare, proprio a questo Bersagliere si deve la corretta interpretazione delle intenzioni e dei sentimenti che guidarono la matita o la piuma d’oca (trattandosi di bersagliere, potrei mai parlare di penna!??) del Capitano Sechi quando compose l’Inno della Brigata Sassari. Queste le parole dell’autore al riguardo: “Ripeto infatti che tutt’ora viene eseguito come la prima volta ma peggiorando tutto con il tempo che da pacata marcia per la fanteria sembra ora Flik Flok dei Bersaglieri, alcune note dell’introduzione vengono allegramente saltate, alcune parole vengono dette ognuno come vuole, e per finire la parte finale che, invece di esser cantata con le note a salire (come scritto nello spartito), vanno a scendere.”

(*) Al Colonnello Garau, lo stesso “formidabile duo” dedicò una bella marcia

marcia GARAU – Alberto Cugia (musica), Luciano Sechi e Alberto Cugia (testo)

Ciao dal 2 Giugno 2015

Sbadigli in tribuna autorità, applausi della tantissima gente e delirio alle prove.
La Parata dello scorso due giugno ha presentato qualche novità rispetto alle edizioni precedenti. Il morale delle truppe certamente è stato alto sin dalle prove, sia a Guidonia che soprattutto quelle notturne del 29 maggio ai Fori Imperiali, dove le ore di ozio che hanno preceduto l’ammassamento e il defilamento sono state condite da goliardici sfottò e una gioia molto diffusa, specialmente dai paracadutisti che hanno trovato un’ottima spalla nella fanfara della Taurinense e dai corpi civili, ammassati invece pochi metri più in fondo alle Terme di Caracalla. https://youtu.be/306NVcvrcTU La fanfara dei Bersaglieri e i Forestali hanno animato l’intero settore prendendo letteralmente in ostaggio Crocerossine e Corpo Militare CRI. Più silenziosi i militari della Marina, dopo l’indicibile affair “gavettone” dello scorso anno che si credeva fosse l’unico motivo dell’assenza del Comsubin dalla parata. Ci avevamo creduto anche noi che un gavettone tirato dai giganti verdi della Marina all’indirizzo del Capo di Stato Maggiore della Marina fosse l’unico motivo della loro mancata partecipazione, ma poi ci siamo guardati un po’ intorno. Le forze speciali mancavano praticamente ovunque: Il 9° Col Moschin e gli Alpini del 4° Parà sono rimasti altrettanto in caserma. Tra le forze di Polizia una fila per uno tra NOCS e GIS, che erano impersonati da uomini di altre specialità data la loro contenuta mole corporea. Il perchè di tale scelta resta misterioso: c’è chi parla di addestramento delle forze speciali in vista delle operazioni contro gli scafisti in Libia e chi di eccessivo buonismo.
Ad ogni modo noi che abbiamo sempre esecrato le polemiche sul due giugno, non inizieremo certo a farne oggi.

Osserviamo però, oltre alla giusta attenzione – che sempre si poteva dare – agli atleti militari e a quelli paralimpici, che l’iniziativa degli ombrelli colorati dei bambini, che hanno occupato metà della tribuna fotografi ammassando gli operatori dell’informazione in una tonnara, non si sa bene quale contributo abbiano aggiunto. Dallo scorso anno il ritorno delle Frecce Tricolori, rimaste nell’hangar per le edizioni 2012 e 2013 sotto al loden di Mario Monti che la sarta aveva riadattato anche un po’ ad Enrico Letta, ha esercitato uno straordinario effetto traino per la partecipazione popolare che è stata altissima, a livello delle parate dell’era Ciampi. Qualche polemica l’ha suscitata l’autore dei testi che sono stati distribuiti sia alla stampa – inclusi i cronisti della Rai – che letti dall’annunciatore ufficiale su via dei Fori. La Musica d’Ordinanza dei Granatieri ha sfilato nel grigio verde della Grande Guerra ed è stata venduta per la tenuta del 1848. La data di fondazione del primo Reggimento, scritta chiaramente sui tamburi in 1659 è stata letta per 1748 mentre la fondazione dei Corazzieri è stata anticipata al 1540 rispetto al 1868. L’affronto più grave è stato inferto alla Brigata Sassari che è stata accorpata ai Granatieri di Sardegna. L’accuratezza dei testi in una parola: un disastro. Tra le altre cose, ben tornate divise storiche. Sono uscite dai magazzini quelle confezionate per la parata del 2011 dei 150 anni dell’Unità, tra cui le prime file della compagnia storica della Guerra di Liberazione in divisa inglese del CIL, cosa che probabilmente non è nemmeno conosciuta da chi ha scritto i testi ma che il consulente militare che stava in cabina di commento Rai, solitamente il generale Fogari, non mancava di sottolineare. Un ultimo appunto sulle divise storiche del ’15-’18: non abbiamo capito bene di che colore fossero dato che ogni reparto, a seconda della sartoria ch ha preso l’appalto, ne aveva repliche di tinte sensibilmente diverse. Solo quelle dei Sassarini erano ineccepibili. Per il resto, dato il budget che le viene dedicato, la parata non è destinata ad avere novità di rilievo, sebbene il sapore di molti dei tagli che le hanno inferto è di sapore decisamente demagogico. Vadano i carri armati e i sorvoli aerei, ma se ogni corpo civile sfilasse con la sua banda e la parata durerebbe mezz’ora in più di sola musica. Quale sarebbe il costo? Il lucido per gli ottoni?

All’anno prossimo.

MARCO POTENZIANI per ALAMARI MUSICALI

IL MOSAICO DEL GRANATIERE

Il 18 febbraio 2015 un Granatiere di Sardegna in congedo (in congedo (il caporalmaggiore, poi sergente, Nello Sebastiano Genovese 9 sc 82 CCS 2 btg gra mecc ” CENGIO”) lanciò un appello, in forma di evento sul social network Facebook, dal titolo SALVIAMO IL MOSAICO DEL GRANATIERE che proponeva (al costo di un euro) l’adozione di una tessera del mosaico onde riuscire a salvarlo dalla possibile demolizione e finanziare il suo spostamento presso il Museo storico dei Granatieri di Sardegna *). L’entusiastica generosità con cui immediatamente risposero gli iscritti dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, di cui fanno parte sia coloro che hanno militato con i bianchi alamari sia i simpatizzanti di questa specialità, mi ha particolarmente colpito e mi ha spinto a cercare qualche notizia sul Mosaico del Granatiere. Fu così che m’imbattei nel prezioso materiale fotografico raccolto dal Granatiere Ernesto Bonelli e, altrettanto generosamente, donata al Museo. Da questo si può evincere che la generosità aveva caratterizzato sin dal 23 agosto 1937 – data ufficiale d’inizio lavori – la realizzazione di questo grande mosaico policromo (circa trenta metri quadrati): vi si dedicarono infatti – nelle ore e nei giorni liberi dal servizio – granatieri, sottufficiali e ufficiali del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna (tra cui il S.Ten, Lucchetti e il S.Ten. Tongiani) e, in particolar modo, il sottotenente dei Granatieri Lino Lipinsky De Orlov, autore ufficiale dell’opera realizzata con la cosiddetta tecnica vaticana.

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L’immagine scelta per il grande mosaico che decorava la facciata di quella che era la Casa del Granatiere, ovvero lo spaccio per la truppa (che all’epoca veniva chiamato “sala convegno della truppa”), fu quella del militare nell’atto di lanciare una granata: tale gesto, rifletteva il caratteristico impiego della Specialità nel primo periodo della sua esistenza. L’appellativo “granatieri” ebbe infatti origine dal fatto che, nel 1685, il re Vittorio Amedeo II di Savoia assegnò ad ogni compagnia del reggimento Guardie sei soldati incaricati di lanciare allo scoperto le granate. Avete letto proprio bene: 1685! I Granatieri sono, infatti, il più antico corpo militare italiano, poiché derivano direttamente dall’antico Reggimento delle Guardie Reali creato nel 1659 dal duca Carlo Emanuele II di Savoia e, sin dal 1664 a tale unità, spettava – nell’ordinamento militare – la precedenza su tutti gli altri reggimenti proprio per l’anzianità quale primo della fanteria d’ordinanza. La divisa grigioverde, indossata dal granatiere raffigurato nel mosaico, invece era stata adottata qualche anno dopo il trasferimento a Roma del 1° e del 2°Reggimento Granatieri di Sardegna, precedentemente di stanza a Parma e a Piacenza. Da allora gli alamari – che vengono, comunque, riprodotti sulle mostrine e che continuano a spettare ai soli Granatieri e Carabinieri – rimasero solo sull’alta uniforme da parata.

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Il Comandante del Reggimento, il Colonnello Alberto Mannerini, seguì personalmente la costruzione del mosaico e la realizzazione di tutti i numerosi affreschi (andati perduti) che decoravano le pareti all’interno della sala convegno truppa. La Casa del Granatiere, sita all’interno della Caserma Umberto I di piazza Santa Croce in Gerusalemme, che ospitava il Reggimento Granatieri di Sardegna fu ufficialmente inaugurata il 27 gennaio 1938 dal Capo del Governo Benito Mussolini.

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Durante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra di Liberazione, il mosaico subì seri danni a causa di colpi d’artiglieria o di arma da fuoco di grosso calibro.

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Subito dopo le vicende belliche la Caserma fu abbandonata dall’Esercito e, nel 1958, fu ceduta dal Ministero della Difesa all’Intendenza di Finanza che, in massima parte, non la utilizzò: com’è facilmente intuibile, la scarsa manutenzione o – per meglio dire – lo stato di abbandono dell’infrastruttura comportarono l’inevitabile degrado del mosaico. Ai Granatieri questo fatto provocava una profonda sofferenza spirituale e rappresentava un motivo di vergogna per la stessa città di Roma, alla cui difesa i Granatieri di Sardegna sono preposti. Pertanto, non appena venne costituito, il 1 ottobre 1979, il 2° Battaglione Granatieri Meccanizzato Cengio – che ereditò medagliere, motto, simboli e stendardo del 2° Reggimento – i granatieri chiesero con insistenza e, per voce del Granatiere Generale Raffaele Simone, ottennero dallo Stato Maggiore dell’Esercito che il mosaico venisse distaccato, restaurato e trasferito nel cortile della loro caserma Alfonso Albanese Ruffo di via Tiburtina. Dal 1982 esso fu dunque fedele compagno di tanti militari, giustamente orgogliosi della loro appartenenza a un corpo tanto glorioso, e fu testimone di avvenimenti festosi come la ricostituzione del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna nel 1992, ma anche di tragici eventi – quale il misterioso suicidio del granatiere pisano Claudio Fausto Leonardini, precipitato da una finestra il 4 luglio 1995 e morto dopo quasi due settimane di coma – e degli scandali che ne seguirono. ***)

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Nel 1996 i granatieri furono trasferiti a Spoleto (dove ora, dopo un nuovo scioglimento, restano soltanto la 5ª e la 6ª Compagnia Fucilieri, che fanno parte del 1º Reggimento Granatieri di Sardegna) e il granatiere del mosaico restò nuovamente solo, almeno fino a quando nel 2010 – in seguito all’annunciata dismissione della caserma da parte del Ministero della Difesa e alle ricorrenti notizie di assegnazione dell’intero complesso militare al Comune di Roma – non giunsero gli attivisti del movimento Action per il diritto alla casa a occupare simbolicamente il sito per qualche ora. ****) Naturalmente le condizioni del mosaico, nuovamente rimasto per anni privo di qualunque intervento di manutenzione, stavano volgendo nuovamente al degrado e c’erano seri rischi che venisse proprio definitivamente demolito.

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Ma vi pare che coloro che (insieme ad alcuni rinforzi di volontari tra bersaglieri, carabinieri, carristi, cavalieri, paracadutisti e polizia dell’Africa italiana e a una parte della popolazione romana) dettero origine alla Resistenza italiana contro l’occupazione nazista seguita all’armistizio dell’8 settembre 1943, scontrandosi duramente contro le preponderanti truppe tedesche e resistendo eroicamente per due giorni presso Porta San Paolo poi sul Campidoglio – ultimo baluardo della difesa di Roma, difeso dalla IV Compagnia Reclute del 1º Reggimento, comandata del Capitano Alberto Alessandrini –  avrebbero potuto rinunciare a uno dei loro simboli? NO DAVVERO!

Il motto dei Granatieri deriva dal grido «A me le guardie per l'onore di casa Savoia!» lanciato dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia, comandante del Reggimento Guardie Reali (Granatieri), ai suoi uomini, che si lanciarono in un corpo a corpo contro gli austriaci nella Battaglia di Goito del 30 maggio 1848 (Prima Guerra d'Indipendenza) e risultarono decisivi per le sorti del combattimento. Il motto venne ridotto, dopo la proclamazione della Repubblica Italiana, all'attuale motto:

Il motto dei Granatieri deriva dal grido «A me le guardie per l’onore di casa Savoia!» lanciato dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia, comandante del Reggimento Guardie Reali (Granatieri), ai suoi uomini, che si lanciarono in un corpo a corpo contro gli austriaci nella Battaglia di Goito del 30 maggio 1848 (Prima Guerra d’Indipendenza) e risultarono decisivi per le sorti del combattimento. Il motto venne ridotto, dopo la proclamazione della Repubblica Italiana, all’attuale motto: “A me le guardie ! “

E così, a soli due mesi di distanza dall’inizio della colletta, ecco che Il Granatiere di Lipinsky De Orlov torna a Piazza Santa Croce in Gerusalemme…e proprio nel giorno del 356° anniversario della costituzione del Corpo delle Guardie Reali, da cui deriva la specialità dell’Esercito Italiano denominata Granatieri di Sardegna: il 18 aprile.

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La Musica d’ordinanza del I Reggimento Granatieri di Sardegna – diretta dal Maestro Primo Maresciallo Luogotenente Domenico Morlungo – ha dunque accompagnato musicalmente la cerimonia inaugurale di riposizionamento del Mosaico del Granatiere.

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Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, On. Domenico Rossi, taglia il nastro nel corso della cerimonia di riposizionamento del mosaico

Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, On. Domenico Rossi, taglia il nastro nel corso della cerimonia di riposizionamento del mosaico “Il Granatiere” insieme al Presidente dell’Associazione Nazionale “Granatieri di Sardegna”, Generale di Corpo d’Armata nella riserva Mario Buscemi, e al Comandante della Brigata Meccanizzata “Granatieri di Sardegna”, Generale Maurizio Riccò.

“Oggi non potevo non essere qui, almeno per due motivi: primo perché da Sottosegretario alla Difesa, e quindi come esponente del Governo, ritengo che in tutte le cerimonie sia necessario far sentire la presenza delle Istituzioni; secondo perché, in passato, sono stato Comandante della Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna e quindi, oltre al piacere di stare tra amici, sento l’orgoglio di avere contribuito all’operatività di una Brigata che ancora oggi è parte attiva di missioni nazionali (come Strade sicure)  e internazionali… Forse non tutti sanno apprezzare i valori che ci sono dietro una cerimonia come questa: cerimonie come quella odierna rappresentano un momento di grande riflessione e memoria ed è per questo che il mio plauso va al Presidente dell’Associazione Granatieri Gen. Buscemi per averla organizzata. Serve più cultura della difesa. E non dobbiamo dimenticare quel 25 aprile, quel giorno di Liberazione – che tra pochi giorni ci apprestiamo a “festeggiare” – e l’importanza del primo atto di resistenza della Divisione Granatieri contro i tedeschi l’8 settembre del 1943 a Porta San Paolo… La Resistenza, prima che fatto politico, fu soprattutto rivolta morale. Questo sentimento, tramandato di padre in figlio, costituisce un patrimonio che deve permanere nella memoria collettiva del Paese… Quindi, in un momento di crisi di valori etici e morali, una rinascita è certamente possibile per tutti (anche nei momenti di difficoltà) chiamando: A ME LE GUARDIE!”: ha dichiarato il Sottosegretario di Stato alla Difesa on. Domenico Rossi.

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L’attuale Comandante della Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna, Generale di Brigata Maurizio Riccò, ha esaltato – al termine della cerimonia e del concerto – la figura del Granatiere che, nel solco delle tradizioni, “ha partecipato a tutte le più importanti battaglie per la costituzione dell’Unità d’Italia e fornisce, costantemente, il proprio contributo in molteplici scenari nazionali e internazionali, anche per la sicurezza dei cittadini”.

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Nel solco delle tradizioni anche il breve, ma suggestivo concerto che la Musica d’ordinanza dei Granatieri ha tenuto dinanzi ai numerosi presenti, emozionati nel riascoltare le marce della loro plurisecolare tradizione..

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tra cui la celeberrima Marcia d’ordinanza intitolata “I Pifferi”, scritta nel 1775 (pare da tale P. Napolitano) come marcia e sveglia per il 3° Reggimento Granatieri Guardie

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E l’indomani, per festeggiare degnamente il ritorno de Il Granatiere nella sua sede originaria, si sono riuniti tutti (o quasi) gli ex commilitoni che avevano fatto parte del 2° Battaglione Cengio.*****) e che ricordano con nostalgia i tempi in cui erano alloggiati nella caserma di Via Tiburtina, che non è più stata dismessa ed è attualmente sede del Reparto Comando e Supporti tattici della Brigata meccanizzata “Granatieri di Sardegna”.

Al termine della Grande Guerra i Granatieri di Sardegna furono destinati al presidio di Fiume, ma - in seguito a problemi con la minoranza croata - furono allontanati dalla città il 25 agosto 1919. Acquartieratisi a Ronchi di Monfalcone (ora Ronchi dei Legionari), sette ufficiali inviarono a Gabriele D'Annunzio la lettera da cui sarebbe poi scaturita l'Impresa di Fiume: « Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo. » Il

Al termine della Grande Guerra i Granatieri di Sardegna furono destinati al presidio di Fiume, ma – in seguito a problemi con la minoranza croata – furono allontanati dalla città il 25 agosto 1919. Acquartieratisi a Ronchi di Monfalcone (ora Ronchi dei Legionari), sette ufficiali inviarono a Gabriele D’Annunzio la lettera da cui sarebbe poi scaturita l’Impresa di Fiume: « Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l’unità d’Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L’Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo. » Il “poeta vate”, seppure fosse un Tenente in congedo dei Lancieri di Novara, volle farsi carico delle temerarie operazioni per la riconquista di Fiume (per la quale sarebbe stato insignito del grado onorifico di Generale di Brigata Aerea). Durante la fase finale dell’Impresa di Fiume volle indossare l’uniforme da Tenente colonnello dei “Granatieri di Sardegna” e onorare il Corpo coniando il motto “Di noi tremò la nostra vecchia gloria: tre secoli di fede e una vittoria.” che fu adottato con particolare entusiasmo dai Granatieri del II Reggimento (di cui il 2° Btg. Cengio raccolse l’eredità).

*) http://www.museimilitari.it/Articolo.asp?Articolo=MuseoGranatieri

**) http://www.granatieridisardegna.it/galleria_lipinsky_2.htm

***) http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/09/Storie_sesso_caserma_co_10_9707097315.shtml      http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/17/supertestimone_granatiere_buttato_dalla_finestra_co_10_9707178650.shtml  http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/12/20/tutti-assolti-per-la-morte-del-granatiere.html

****) http://www.abitarearoma.net/action-occupa-la-caserma-ruffo/

*****) http://militarynewsfromitaly.com/2015/04/20/ritorno-alla-naja-per-un-giorno-raduno-del-2-battaglione-cengio/