NICAEA FIDELIS

Stemma del 1° reggimento "Nizza Cavalleria"

Stemma del 1° reggimento “Nizza Cavalleria”

NICAEA FIDELIS” si legge su questa svolazzante lista bifida d’oro sormontata da uno scudo – bipartito con un’aquila nera ad ali spiegate nel partito d’oro, una torre d’argento su fondo rosso e una torre su rossa su fondo d’argento nel secondo partito, un mare azzurro con flutti d’argento da cui si ergono le tre cime verdi di un monte su cui sembra aver trovato riposo un’aquila rossa nella punta incappata d’argento –  e sovrastata da una corona turrita d’oro cui sono annodati quattro nastri azzurri (scendenti e svolazzanti in sbarra e in banda al lato dello scudo) che ne rappresentano le ricompense al valore. Questo è il motto del 1° Reggimento “Nizza Cavalleria.

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Come già detto in precedenza, tra il 1683 e il 1692 – durante il regno di Vittorio Amedeo II di Savoia – i primi cinque reggimenti di cavalleria dell’Armata del Regno di Sardegna furono organizzati in due reggimenti di cavalleria pesante e tre reggimenti di Dragoni: i Dragons Bleus (1689), i Dragons Verts (1690-1821) e i Dragons Jaunes. Proprio da questi ultimi cavalieri del color del sole e dello spumante di stanza ad Asti (il vero nome era Dragoni del Piemonte, il cui corpo fu istituito il 4 luglio 1690) discendono i militari di questo glorioso reggimento, attualmente inquadrato nella Brigata Alpina Taurinense.

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Nel corso dei secoli hanno cambiato nome e sede svariate volte, ma sempre si sono distinti per coraggio e lealtà. Come Dragoni di Piemonte – distaccati tra Asti, Cuneo e Torino – furono impegnati nella difesa della Savoia (1691-1695), nella Battaglia di Valenza (1696), nelle guerre di successione sui troni di Spagna (1701-1712), Polonia (1733-1735) e Austria (1742-1748) e nelle battaglie contro le truppe napoleoniche in Piemonte (1792-1796) e in Lombardia (1798-1799).

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A seguito dell’occupazione francese anch’essi furono sciolti dal giuramento di fedeltà da parte del Re Carlo Emanuele IV di Savoia e furono ricostituiti, come altri reggimenti di cavalleria, dopo la Restaurazione seguìta alla caduta del Bonaparte e al Congresso di Vienna. Come Reggimento Cavalleggeri di Piemonte (Venaria Reale, Pinerolo, Casale Monferrato, sedi varie, 1815-1832) si distinsero nella Battaglia di Grenoble, come Reggimento Cavalleria Nizza Cavalleria (Venaria Reale, Vercelli, Vigevano, Saluzzo, sedi varie, 1832-1859) combatterono valorosamente nel corso della Prima Guerra d’Indipendenza (1848-1849), contribuirono alla liberazione della Lombardia nel corso della Seconda Guerra d’indipendenza (1859-1860) sotto le insegne del Reggimento Cavalleria Corazzieri Nizza (Saluzzo, 1859-1860) e sotto quelle del Reggimento Nizza Cavalleria (Pisa, Caserta, Milano, Brescia, Saluzzo, Torino, 1860-1871) contribuirono alla conquista delle Marche, dell’Umbria e dell’Italia meridionale (1860-1861) e alla liberazione del Veneto nell’ambito della Terza Guerra d’Indipendenza (1866). In quel periodo gli eredi dei Dragons jaunes meritarono ben tre Medaglie di Bronzo al Valor Militare per essersi distinti nei fatti d’arme e nei combattimenti di Goito (30 maggio 1848), Mortara (21 marzo 1849) e Novara (23 marzo 1849).

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Al termine dell’espansione del Regno di Sardegna a discapito degli altri piccoli stati sul territorio italico, dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie che aveva portato alla nascita del Regno d’Italia, essi cambiarono tre volte denominazione e furono stanziati in diverse zone del Paese: tra il 1871 e il 1876 a Parma e a Napoli come 1º Reggimento Cavalleria (Nizza), tra il 1876 e il 1897 a Napoli – Santa Maria Capua Vetere – Roma – Voghera – Milano – Brescia come Reggimento Cavalleria Nizza (1º) e infine a Brescia – Padova – Milano e Savigliano come Reggimento Nizza Cavalleria (1º) tra il 1897 e il 1920. In questo lungo lasso di tempo furono impegnati nelle guerre in Eritrea (1887-88 e 1895-96) e, nell’ambito della Grande Guerra (1915-1918), si distinsero in particolar modo nelle lunghe battaglie di Monfalcone (16 giugno 1915: in ricordo di questa battaglia è stata scelta la data per la Festa del Reggimento  ) e di Vittorio Veneto. Per aver mantenuto la posizione con “bel contegno aggressivo e tenace” presso le Officine di Adria (maggio-giugno 1916) al Medagliere del Reggimento fu appuntata una quarta Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

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Nel 1920 gli fu assegnata come sede Torino e come nome quello di Reggimento Nizza Cavalleria e così fu sino al 1943: nel corso di quel ventennio i “dragoni gialli” di un tempo furono organizzati in gruppi squadroni e inviati in prima linea nella Guerra d’Etiopia (Dembeginè 15 dicembre 1935, Neghelli 20 gennaio 1936, Malca Guba 2 febbraio 1936, Salaclacà 25 dicembre 1935, Adichillè 20 febbraio 1936, Adballa 17 giugno 1936) e – inquadrati in un Gruppo celere – furono impiegati nella Guerra civile spagnola (Alpador, Aranjuez, Madrid). Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, sul Fronte Alpino Occidentale (1940), nei Balcani (1941-42), in Francia (1942-1943) e nuovamente in Africa Settentrionale: nella fase offensiva del 1942 come III Gruppo Corazzato Nizza fu assegnato alla Divisione Ariete con compiti esploranti e partecipò ai combattimenti di Bir Hacheim, Bir Harmat, Bir Aslagh, Tobruck, Sidi Omar, El Alamein, Bir el Gobi; durante la fase di ritirata del 1943 il Nizza fu inquadrato nelle Truppe della Tripolitania e del Sahara e combatté strenuamente in tunisia a Bir Soltane, Ksane Rhilane, Enfidaville e Capo Bon. Sul fronte della Guerra d’Africa i cavalieri dorati furono gli ultimi italiani ad arrendersi in Africa (11 maggio 1943). L’Armistizio di Cassibile (che di fatto ne sancì il discioglimento) fu firmato e reso pubblico mentre gran parte del Reggimento stava rientrando dalla Francia in Italia: gli uomini, stanchi per la lunga cavalcata, giunsero a Torino sperando di poter finalmente godere di un periodo di riposo, ma trovarono una brutta sorpresa: appena rientrati nella vecchia caserma di Torino, furono catturati dai tedeschi e deportati nei campi di prigionia. Migliore sorte toccò al II Squadrone Autoblindo del Nizza, che si trovava in Albania: gli uomini del capitano Medici Tornaquinci riuscirono a ricongiungersi con i superstiti della Divisione Firenze e ad aprirsi – dopo gli aspri combattimenti contro le truppe tedesche soprattutto a Kruya – un varco verso la costa per ritrovarsi con i sopravvissuti del IV Gruppo Squadroni e raggiungere, con mezzi di fortuna, il Centro Raccolta di Cavalleria ad Altesano nelle Puglie. Nel 1944, sotto il comando del capitano Predome, lo Squadrone esplorante Nizza Cavalleria (che si era nel frattempo costituito e stabilito a Cava de’ Tirreni) partecipò, insieme al IX Reparto d’assalto ai combattimenti per la liberazione di Acquasante Belvedere e di Cingoli e – inquadrato nell’Ottava Armata alleata – partecipò alla Campagna di Liberazione dell’Italia centrosettentrionale in seno al Corpo d’armata polacco comandato dal generale Anders.

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Nel 1946 questa unità militare venne ricostituita col nome di Gruppo Esplorante 1° Dragoni (1946-1950) in seno alla Divisone Fanteria Cremona. Nel 1950, per un breve periodo, venne denominato Gruppo Cavalleria Blindata Nizza e nell’anno successivo assunse il nome di 1° Reggimento Cavalleria Blindata Nizza Cavalleria fino al 1958. Divenne poi Reggimento Nizza Cavalleria (1°) e, dal 1959 al 1975, Gruppo Squadroni Nizza Cavalleria. Tra il 1975 e il 1991 la denominazione fu quella di 1° Gruppo Squadroni corazzato Nizza Cavalleria e, successivamente, fu modificata in Reggimento Nizza Cavalleria (1°). In tutto questo periodo la sede è sempre rimasta a Pinerolo (TO).

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Nel maggio del 2008, nell’ambito di un programma di revisione delle spese militari si paventò l’ipotesi di uno scioglimento di questo Reggimento di Cavalleria di linea, ma gli uomini del colonnello Luigi Greco devono aver convinto il Capo di Stato maggiore dell’Esercito dell’epoca (il generale Fabrizio Castagnetti) in occasione delle sue visite ai reparti: infatti non soltanto non si è verificato l’infausto evento temuto, ma è stato anzi dato nuovo impulso alle attività del reparto, che è alimentato da volontari e che – a seguito di un’impegnativo lavoro di “ristrutturazione” – risulta così composto: Comando di reggimento, Comando alla Sede, Reparto alla Sede, Centro Ippico Militare, Squadrone Comando e Supporto Logistico “Goito”, 1° Gruppo Squadroni, 1º Squadrone Esplorante “Mortara”, 2º Squadrone Esplorante “Monfalcone”, 3º Squadrone Esplorante “Novara”, Squadrone Blindo Pesanti.

Il Reggimento Nizza Cavalleria (1°) si è conquistato la fiducia e la simpatia dei milanesi nell’ambito dell’Operazione Strade Sicure e dei libanesi durante le recenti operazioni di peacekeeping

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ed ha lasciato un ottimo ricordo di sé a Pinerolo: dal 1° luglio 2013, infatti, esso ha dovuto lasciare la caserma Litta Modignani di Pinerolo per trasferirsi presso la caserma Valentino Babini di Bellinzago Novarese (NO).

Tale trasferimento, peraltro non ben organizzato dal punto di vista logistico, scatenò all’epoca non poche polemiche soprattutto tra i pinerolesi. In particolare, ricordo con quanto fervore scrisse al riguardo il giornalista Dario Mongiello – direttore di “Voce Pinerolese” (una webtv locale) – che giunse ad accusare di gravi e incomprensibili favoritismi nei confronti degli Alpini a discapito dei Dragoni nientemeno che il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito di allora (l’attuale Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. C.A. Claudio Graziano).

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A Pinerolo è rimasto il Museo nazionale dell’Arma di cavalleria e il centro ippico militare Caprilli con 12 cavalli, alcuni soldati del Nizza e la mascotte del reggimento, la piccola Mya, che accompagna i cavalli ai concorsi ippici.

Dal 12 dicembre 2014 il Nizza Cavalleria è comandato dal Colonnello Massimiliano Quarto. https://youtu.be/1YBoF2JdXTs

Questa è la Marcia d’ordinanza del 1° Reggimento “Nizza Cavalleria” e questo breve filmato è dedicato ai suoi valenti dragoni, figli del sole…

Fonti:

http://www.esercito.difesa.it/

Fai clic per accedere a Tempio%20Sacrario%20della%20Cavalleria%20-%20Cavalleria%20a%20Voghera%20-%20I%20Reggimenti%20di%20guarnigione%20a%20Voghera%20dal%201859%20al%201943.pdf

Gen. Edmondo Zavattari, “I nostri reggimenti”, in “Rivista di Cavalleria”, annate 1968-1976, su gentile concessione dell’ANAC sez. di Milano “Savoia Cavalleria”

Scuole di Applicazione d’Arma, “L’Arma di Cavalleria – Cenni storici”, 1964 2a Edizione, su gentile concessione dell’ANAC sez. di Milano “Savoia Cavalleria”
Dell’Uomo F.-Puletti R., “L’Esercito italiano verso il 2000”, vol. I, USSME, Roma, 1998
Dell’Uomo F.-Di Rosa R., “L’Esercito italiano verso il 2000”, vol. II, USSME, Roma, 2001

Renato Rizzo, Nizza Cavalleria suona l’ora dell’ultima carica in La Stampa, 20 maggio 2008

http://www.vocepinerolese.it/articoli/2013-07-13/esclusivo-vere-ragioni-del-trasferimento-del-nizza-cavalleria-3177

Antonio Giaimo, Addio ai dragoni del Nizza a Pinerolo resta solo il museo in La Stampa, 30 maggio 2013

Una voce poco fa

Nel 1782 Giovanni Paisiello​ aveva composto un’opera dal titolo “Il barbiere di Siviglia o La precauzione inutile”, che aveva ottenuto un grande successo al Teatro dell’Ermitage​ di San Pietroburgo (RU-SPE)​ ed era molto piaciuta persino all’imperatrice Caterina la Grande​. Qualche tempo dopo (Paisiello era ancora vivo), dalla medesima commedia Almaviva o sia L’inutile precauzione​ di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais (Beaumarchais)​, Cesare Sterbini​ scrisse il libretto di una delle più celebri opere di Gioachino Antonio Rossini​ (e della musica mondiale): Il barbiere di Siviglia (Almaviva o sia L’inutile precauzione)​. A dire il vero, la prima recita di quest’opera lirica in due atti – che ebbe luogo il 20 febbraio 1816 – fu subissata dai fischi nel Teatro Argentina​ di Roma (Rome, Italy)​: probabilmente tra il pubblico sedevano molti seguaci del compositore napoletano (in realtà Giovanni Paisiello era nato a Taranto, ma lo ritenevano napoletano “d’adozione”) giunti appositamente per boicottare l’opera…magari sostenuti dagli impresari del concorrente Teatro Valle di Roma​. Infatti le successive innumerevoli repliche ottennero un enorme successo e l’opera del compositore pesarese finì ben presto per oscurare la precedente versione, divenendo una delle opere liriche più rappresentate al mondo. La partitura di Gioachino Rossini (Gioacchino Rossini)​ prevedeva l’utilizzo di due flauti (anche ottavini), un oboe (due oboi solo nella Sinfonia), due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe, timpani (solo nella Sinfonia), grancassa, sistri, chitarre, macchina del vento e archi. In questo collage fotografico noterete la mancanza di molti di questi strumenti, ma – soprattutto se ascolterete la registrazione audio con gli occhi chiusi – potreste non sentirne la mancanza poiché il M° Andrea Bagnolo ha trascritto personalmente la Cavatina di Rosina Una voce poco fa​ per l’organico musicale della Fanfara del III Reggimento Carabinieri Lombardia-Milano​. E di certo la meravigliosa voce del flicornino soprano di Edi Zuliani non vi farà rimpiangere né la contralto Geltrude Righetti​ Giorgi (la prima Rosina della storia) né Giuseppina Ronzi de Begnis (Giuseppina Ronzi)​, Benedetta Rosmunda Pisaroni​, Maria Malibran​, Henriette Méric-Lalande​, Adelaide Borghi-Mamo​, Adelina Patti​, Elvira de Hidalgo​, Margherita Carosio​, Gianna Pederzini​, Giulietta Simionato​, Marylin Horne​, Maria Callas​, Roberta Peters​, Gianna D’Angelo​, Teresa Berganza​, Margherita Guglielmi, Beverly Sills​, Agnes Baltsa​, Cecilia Bartoli​, Kathleen Battle​, Maria Bayo​ e Rinat Shaham​.

P.s.: Lo ammettiamo: forse qualcuno di questi paragoni è un pochino azzardato…ma è davvero molto bravo!

O mio babbino caro

Gianni Schicchi de’ Cavalcanti​, famoso in tutta Firenze (Florence, Italy)​ per il suo spirito acuto e perspicace, fu chiamato in gran fretta dai parenti di un ricco mercante appena spirato affinché escogitasse un mezzo ingegnoso per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto – tal Buoso Donati – aveva infatti lasciato in eredità i pro­prii beni al vicino convento di frati, senza disporre alcunché in favore dei suoi parenti. Inizialmente egli, uomo appartenente alla “gente nova”, rifiutò di aiutarli a causa del loro atteggiamento sprezzante tipico dell’aristocrazia fiorentina del Duecento. Le insistenti preghiere della figlia Lauretta, innamorata del giovane nipote del defunto, lo convinsero a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano: dato che nessuno era ancora a conoscenza della dipartita del Donati, ordinò che il cadavere fosse trasportato nella stanza attigua in modo da potersi egli stesso infilare sotto le coltri e, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà del ricco mercante. I parenti del defunto, rassicurati anche dalle dichiarazioni di dello Schicchi riguardo alla sua intenzione di rispettare i desideri di ciascuno e di tenere da conto la legge, che condannava all’esilio e al taglio della mano non solo chi si fosse sostituito ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici. Dinanzi al notaio, dunque, egli declinò – imitando la voce di Buoso Donati – le ultime volontà e…dichiarò di lasciare i beni più preziosi (la «migliore mula di Toscana​», l’ambita casa di Firenze e i mulini di Signa) al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi»! I parenti del defunto, com’è facilmente immaginabile, esplosero in urla furibonde che, prontamente, il finto Buoso mise a tacere canterellando «Addio Firenze, addio cielo divino: io ti saluto con questo moncherino e vo’ randagio come un Ghibellino.». Gianni Schicchi li cacciò dunque dalla casa, appena divenuta di sua esclusiva proprietà, e si compiacque della propria astuzia, contemplando sorridente il tenero abbraccio tra sua figlia Lauretta e il giovane Rinuccio Donati affacciati dal balcone con vista su una delle più belle città del mondo.
E’ questa la trama dell’opera in un solo atto composta da Giacomo Puccini​ su libretto di Giovacchino Forzano​ basato su un episodio della Divina Commedia (A Divina Comédia)​ di Dante Alighieri​ (Canto XXX dell’ Inferno​, vv. 22-48). La prima assoluta dell’opera Gianni Schicchi​ ebbe luogo il 14 dicembre 1918 al The Metropolitan Opera​ di New York City​. Lauretta aveva la voce di della soprano Florence Easton​, cui seguirono quelle dell’immortale Maria Callas​, di Grace Moore​, delle italiane Licia Albanese​ Renata Scotto​, di Roberta Peters​ ed Eileen Farrell​ e – in tempi più recenti – di Teresa Stratas​ e Mirusia Louwerse (Mirusia)​.
«O mio babbino caro/Mi piace è bello, bello;/Vo’ andare in Porta Rossa/a comperar l’anello!/Sì, sì, ci voglio andare!/E se l’amassi indarno,/andrei sul Ponte Vecchio,/ma per buttarmi in Arno!/Mi struggo e mi tormento!/O Dio, vorrei morir!/Babbo, pietà, pietà!…/Babbo, pietà, pietà!» sono le parole della romanza di Lauretta, che è probabilmente il brano più famoso di quest’opera pucciniana. La partitura originaria di Puccini prevedeva l’utilizzo di un ottavino, due flauti, due oboi, un corno inglese, due clarinetti, un clarinetto basso, due fagotti, quattro corni, tre trombe, tre tromboni, un trombone basso, timpani, tamburo, triangolo piatti, grancassa, celesta, campana grave, arpa e archi. Possiamo soltanto immaginare il grande lavoro di “sartoria” che ha dovuto affrontare il M° Andrea Bagnolo per cucire questo brano appositamente per l’organico musicale di cui attualmente dispone: la Fanfara del III Reggimento Carabinieri Lombardia-Milano​, cui va il nostro plauso per averla in tal guisa proposta ai numerosi spettatori presenti al Teatro Carcano – the official profile​ in occasione del concerto organizzato dal Nucleo Volontari e Protezione Civile A.N.C. Milano​ per il 129° anniversario della sezione dell’AssociazioneNazionaleCarabinieri​ di Milano (Milan, Italy)​ intitolata al V.B. Giuseppe Ugolini, M.O.V.M.M. La voce, dolcissima, è quella della brava soprano Danae Rikos, del Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia.