Tredici dicembre, santa Lucia…

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La sera del 13 dicembre 2013 abbiamo goduto del privilegio di assistere alla cerimonia di consegna ufficiale e all’accensione del tradizionale Albero di Natale in piazza San Pietro, donato al Sommo Pontefice dalla comunità bavarese di Waldmünchen. Migliaia tra cittadini romani, pellegrini e turisti d’ogni parte d’Italia e del mondo avranno la possibilità di ammirare il maestoso abete, come da tradizione – accanto al presepe che verrà inaugurato il prossimo 24 dicembre – soltanto fino al termine delle festività natalizie.

Resterà invece indelebile nel cuore di chi era presente la dolce voce di un oboe e di un flauto: http://youtu.be/FmAqJrO8bVk

Fabio Tassinari e Alessandro Pirchio, insieme a tutti gli altri musici della Banda Musicale del Corpo della Gendarmeria Vaticana diretta dal Maestro Giuseppe Cimini, hanno risvegliato in tutti i numerosissimi presenti a piazza San Pietro sereni ricordi d’infanzia e sentimenti di profondo amore e commozione per una nonna, probabilmente volata in cielo.

Chi, tra loro o tra voi cittadini del mondo, non ha avuto una nonna che gli abbia sussurrato, almeno una volta nella vita: <<Sul mare luccica l’astro d’argento. Placida è l’onda, prospero è il vento. Venite all’agile barchetta mia! Santa Lucia, Santa Lucia… Con questo zeffiro così soave, oh! com’è bello star sulla nave: su, passeggeri, venite via! Santa Lucia, Santa Lucia… In’ fra le tende bandir la cena, in una sera così serena. Chi non dimanda!? Chi non desìa!? Santa Lucia! Santa Lucia… Mare sì placido, vento sì caro, scordar fa i triboli al marinaro e va gridando con allegria: Santa Lucia! Santa Lucia! Oh, dolce Napoli! Oh, suol beato! Ove sorridere? Dov’è il creato, tu sei l’impero dell armonia! Santa Lucia, Santa Lucia… Or che tardate, bella è la sera: spira un’ auretta fresca e leggiera. Venite all’agile barchetta mia! Santa Lucia, Santa Lucia….>> !?

Chi, tra noi figli del Novecento, non ha ascoltato almeno una volta l’irraggiungibile Enrico Caruso http://youtu.be/1ebrnxY0Fuw !?

La fortunata barcarola napoletana, immortalata anche dai carillon delle scatole-souvenir che ogni turista può comprare nelle varie località turistiche campane, è infatti famosissima in tutto il mondo ed è stata tradotta in molte lingue. In Baviera e anche in Boemia, terra natìa dell’Albero di Natale è nota col titolo “Krásná je Neapol”, incisa da tal Waldemar Matuška. Nel Nuovo Continente, l’America, conoscono la versione di Elvis Presley http://youtu.be/XsCBZxpoqIc  che la pubblicò nel 1965, ma  la prima traduzione in inglese fu quella di Thomas Oliphant, pubblicata a Baltimora da M. McCaffrey.

Nei paesi scandinavi essa viene intonata, seppure con un testo differente, quale inno liturgico durante i festeggiamenti di Santa Lucia, che in una delle notti più buie dell’anno viaggia attraverso ogni città e paese per portare doni e dolci ai bambini ed annunciare il prossimo avvento della Luce: la versione più celebre è quella svedese, intitolata Luciasången o Sankta Lucia, ljusklara hägring.

Eppure la maggior parte di noi non ne conosceva l’origine, pertanto siamo idealmente saliti sulla barchetta e ci siamo avventurati in cerca di notizie per colmare un vuoto soprattutto, ma non soltanto, del cuore.

Nel diciannovesimo secolo la città di Napoli era una delle capitali più popolose e più povere tra tutti i piccoli Stati d’Italia: contava, infatti, oltre quattrocentomila abitanti, tra cui ventisettemila servitori e non meno di quarantamila lazzaroni.
Risale a quel periodo l’origine di un tipo di componimento musicale, tipicamente napoletano, derivato dal crescente interesse da parte di alcuni studiosi nei confronti di questa commistione tra la cultura contadina e quella suburbana  e dall’opera di indefessa trascrizione e di pubblicazione su opuscoletti, da parte di alcuni artisti o scrittori dell’epoca, dei canti che i popolani sino ad allora si erano tramandati vocalmente.  Questo “fenomeno” sociale diede origine all’Editoria musicale, campo in cui si distinsero subito “personaggi” del calibro di Guglielmo Cottrau e di suo figlio Teodoro, discendenti diretti del Giuseppe inviato a Napoli personalmente dall’Imperatore Napoleone per fare da consigliere ai re Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat.

Guglielmo Cottrau, nato nel 1797 in Francia giunse, appena dodicenne, a Napoli con suo padre appunto ai tempi di Gioacchino Murat: affascinato dai luoghi e dalle sue tradizioni, raccolse un numero infinito di canzoni, attribuendosi spudoratamente la paternità di molte di esse, e ne modificò un gran numero e molte altre ne compose davvero: i suoi Passatempi musicali, pubblicati nel 1820 con il sostegno dell’editore Bernard Girard, costituiscono una vera miniera…
Amico di uomini altolocati e di musicisti illustri, Guglielmo Cottrau riuscì a far abbonare alle sue raccolte di canzoni perfino la regina delle Due Sicilie e progettò di diffondere la canzone napoletana in Francia, creando un grande interesse intorno a questo genere letterario-musicale di cui, fino a pochi anni prima, nessuno si era occupato in maniera attenta ed appassionata: grazie a lui, dunque, la canzone napoletana registrò rapide espansione ed evoluzione.  Alla sua morte, sopraggiunta nel 1847, egli lasciò al ventenne figlio Teodoro l’onere di continuare l’attività e la tradizione paterna.

Teodoro Cottrau, ancora adolescente, si era visto offrire una borsa di studio dal governo francese affinché si trasferisse a Parigi, ma aveva rifiutato, senza mezzi termini, per non dover lasciare la sua amata Napoli e le sue canzoni: <<A quale titolo una borsa di studio per un giovincello che non è francese, e il cui padre non lo è più, almeno legalmente? >>, scrisse a sua sorella… Dopo aver studiato pianoforte con i maestri Festa e Pappalardo, si laureò in legge e, alla morte del padre, assunse la direzione della Casa Musicale: la sua attività di editore fu intensa e spaziò dalla stampa di un periodico di canzoni dal titolo “L’eco del Vesuvio” alla composizione di canzoni. A lui viene appunto attribuita la paternità di questa incantevole “Santa Lucia”, probabilmente ispirata all’aria donizettiana “Com’è bello, quale incanto” tratto da “Lucrezia Borgia”. I versi del brano, pubblicato nel 1850, descrivono il pittoresco rione marinaro di Santa Lucia: idealmente è un barcaiolo (da qui la definizione di “barcarola” assegnato a questo genere di canzoni) che invita a fare un giro sulla sua barca, per meglio godere il fresco della sera. La canzone, scritta in napoletano, ebbe in realtà assai scarso successo probabilmente perché in quel periodo la popolarità aveva voltato le spalle ai versi originali in dialetto. Teodoro Cottrau affidò dunque la stesura del testo in lingua italiana a Enrico Cossovich: la prima canzone napoletana tradotta nella nostra lingua nazionale ottenne un successo trionfale in tutta la penisola italiana e persino al di là delle Alpi e oltre Oceano e ancora oggi fa parte dei repertori musicali dei migliori cantanti, lirici e leggeri, del mondo intero. Cottrau divenne dunque un personaggio di primo piano nella Napoli dell’epoca: decine di poeti e compositori affollavano l’anticamera del suo studio per presentargli canzoni e lui, con bonomia partenopea condita da humor francese, faceva del suo meglio per aiutare tutti, bravi e meno bravi. Dopo l’ingresso del Generale Giuseppe Garibaldi a Napoli, il musicista-editore si dedicò alla politica collaborando attivamente al giornale L’Indipendente – fondato da Alexandre Dumas e ispirato agli ideali garibaldini – ma non volle mai accettare cariche di rilievo: <<Io devo pensare alle canzoni. A Napoli, la vera politica la si fa con le canzoni.>>

Effettivamente…se così davvero fosse…si potrebbe dire che egli domina il mondo da lungo tempo!

La versione definitiva ed oggi maggiormente diffusa, e probabilmente quella che noi preferiamo, fu registrata agli inizi del XX secolo dal grande cantante lirico napoletano Enrico Caruso.

Accattatavill’:  http://youtu.be/pLNcxsykTX0

Il mago del Natale

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Poco più di un anno fa, nel mese di ottobre del 2013, nell’Edificio 17 C dell’Ospedale Civico di Palermo i Carabinieri erano dovuti tornare per ben tre volte di seguito nel breve lasso di tempo di quindici giorni per indagare su altrettanti incresciosi e inconcepibili episodi di furto: scellerati ladri avevano infatti rubato, in tre distinte occasioni, uno dei computer della stanza dei medici e i due televisori del Day Hospital, che erano stati donati al reparto di Oncoematologia Pediatrica dall’Associazione Siciliana per la Lotta contro le Leucemie e i Tumori infantili.  Roba da non credere, starete probabilmente pensando: chiamate pure quel benemerito reparto del Presidio Ospedaliero Civico di Palermo ( 0916664316 – 0916664177 – 0916664143) e chiedete loro conferma, magari poi offrendovi di donare qualcosa voi stessi a quegli indifesi fanciulli per riscattare l’onore dei Siciliani e degli Italiani onesti. Immaginiamo che,  per quanto essi si sforzino di mantenersi professionalmente distaccati dalla sofferenza che vedono affrontare ogni giorno, i medici di quel reparto (dott. Paolo D’Angelo, dott. Piero Farruggia, dott. Antonella Grigoli, dott. Tania Guida, dott. Delia Russo, dott. Antonino Trizzino, dott. Serena Tropia, dott. Ottavio Ziino) siano rimasti esterrefatti e indignati per quel colpo a tradimento alla serenità dei loro assistiti e probabilmente quello fu un periodo di superlavoro per il valido psicologo del reparto (dott. Rino Taormina) e forse i biologi (dott. Sonia Cannella, dott. Giuseppina Bruno) per un attimo avranno desiderato di studiare le celluline grige dei vili esecutori dei furti e magari l’indefesso coordinatore del personale infermieristico (sig.ra Serena Orlando) avrebbe voluto “sguinzagliare” le sue “truppe” alla ricerca dei ladri. Sono episodi squallidi da raccontare, di quelli che farebbero passare a molti la voglia di continuare a impegnarsi in una professione – o, meglio, una missione – tanto gravosa quanto importante. Tutti loro – al contrario –  sono rimasti lì al loro posto a combattere al fianco dei bambini e dei ragazzi affetti da malattie onco-ematologiche (leucemie, linfomi e tumori solidi), malattie congenite ed acquisite del sangue, difetti congeniti del sistema immunitario (immunodeficienze), malattie neoplastiche, istiocitosi e altre parole che “suonano” decisamente male alle orecchie di tutti noi.

Quest’anno, invece, i giovanissimi pazienti del Reparto di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Civico di Palermo, unitamente ai loro familiari e ai medici e infermieri operanti durante il turno antimeridiano del 17 dicembre 2013, hanno visto “aggirarsi” nei corridoi degli “strani” Carabinieri: essi avevano gli speroni ai piedi e due bande rosse sui pantaloni neri dell’uniforme e, al posto della pistola Beretta 92 d’ordinanza, avevano chi un clarinetto, chi un sassofono, chi una tromba, chi un tamburo… Altri non erano che i “nostri” validi musici della Fanfara del XII Battaglione Carabinieri “Sicilia”, guidati dall’ottimo Maresciallo M° Paolo Mario Sena contro le forze del male, capitanate dall’angoscia, dalla malinconia e della tristezza.

Possiamo solo immaginare lo stupore di quei fanciulli, ma sappiamo per certo che le note sprigionatesi dagli strumenti “suonano” assai meglio delle pesanti parole di cui sopra e che la “visita” agli ammalati da parte dei bandisti è stata indubbiamente più gradita di quella dei banditi dello scorso anno.

Non siamo in grado di descrivere la sincera gioia che questi Peter Pan hanno saputo regalare ai malati e ai loro familiari, ma possiamo incantarci a guardare il sorriso del “bimbo sperduto” ritratto nelle fotografie qui sopra con in testa il berretto con la fiamma d’argento al vento, che sembra simboleggiare la fiammella di rinnovata speranza che si è accesa nel suo cuore e in quello di tutti i suoi compagni di ospedale (i bambini dovrebbero avere soltanto compagni di giochi e compagni di scuola!).

La musica – è scientificamente provato! – ha grandi qualità terapeutiche non soltanto sulla psiche umana e, chissà…magari quello stesso fanciullo un giorno indosserà davvero quella bella divisa e regalerà con le sue note un pizzico di speranza ad altri bambini…anzi no, a qualche anziano: non ce ne vogliano gli anziani, ma proprio non sopportiamo l’idea che dei bambini si ritrovino a stare tanto male e vorremmo saperli tutti sani e sereni.

Sereni lo sono stati almeno in questa bella occasione pre-natalizia, organizzata dalla IV Circoscrizione del Comune di Palermo, cui va il nostro placet.

Il nostro applauso virtuale va invece al Capo Fanfara, il Maresciallo Paolo Mario Sena,  per aver saputo adattare all’organico di musicisti a sua disposizione, trascrivendoli in modo assai efficace e puntuale i seguenti brani natalizi:

JINGLE BELLS: ispirata alle corse con le slitte sulla neve, fu composta nell’inverno del 1850 da Lord James Pierpont a Medford (Massachussetts), pubblicata il 16 settembre 1857 col titolo “One Horse Open Sleigh” e incisa nel 1859 col titolo definitivo di “Jingle Bells (the One Horse Open Sleigh)”;

ASTRO DEL CIEL: versione italiana, scritta dal prete bergamasco Angelo Meli e pubblicata nel 1937 dalle Edizioni Carrara di Bergamo, della più nota STILLE NACHT (scritta nell’inverno del 1816 dal reverendo Joseph Mohr di Mariapfarr nel Lungau e composta dall’insegnante di musica e organista Franz Xaver Gruber il 24 dicembre 1818, fu eseguita per la prima volta durante la Messa di quella stessa Vigilia di Natale dalle loro due voci soliste, dal coro di Oberndorf e dalla chitarra dello stesso Gruber poiché i topi avevano rosicchiato proprio la sera prima il mantice dell’organo della chiesa di San Nicola e si diffuse ben presto in tutto il mondo, assumendo diversi testi originali nelle oltre trecento lingue delle varie nazioni in cui essa viene abitualmente eseguita); 

O TANNENBAUM: della melodia si sa ben poco poiché essa fu composta da un anonimo autore tedesco in un periodo presumibilmente compreso tra il XVI e il XVII secolo, pubblicata per la prima volta nel 1799 ed utilizzata in alcune antiche canzoni studentesche quali Lauriger Horatius e Gott grüß dich, bruder staudinger. Per quanto riguarda il testo si che di esso la prima strofa fu scritta nel 1819 dall’organista di Lipsia Joachim August Zarnack, ispiratosi ad un brano popolare della Slesia dal titolo “Ach Tannenbaum” che era stato composto nel XVI secolo da Melchior Franck e al cinquecentesco canto popolare “Es hing ein Stallknecht seinen Zaum”, mentre invece la seconda e la terza strofa furono aggiunte nel 1824 da tal Ernst Gebhardt Anschütz;

ADESTE FIDELES: di questo arcinoto canto natalizio in lingua latina si conosce soltanto il nome del copista, Sir John Francis Wade, che nel 1743-44 trascrisse materialmente il testo e la melodia di un canto popolare irlandese per il coro cattolico della cittadina francese di Douai, a quel tempo importante centro cattolico di riferimento e di rifugio per i cattolici perseguitati dai protestanti nelle Isole britanniche. In realtà, però, soltanto le strofe I, V, VI e VII furono trascritte da Wade poiché le strofe II, III e IV vennero composte nel 1794 da tal Étienne-Jean-François Borderies e l’VIII da un anonimo.

La Fanfara ha eseguito anche un pezzo molto amato da adulti e bambini, intitolato DISNEY FANTASY: una fantasia originale composta dal giapponese Naohiro Iwai che si è chiaramente ispirato alle colonne sonore dei film di animazione e ai personaggi di Walt Disney.

Per dare la necessaria carica per le future “battaglie” di pazienti, familiari e medici, non poteva mancare la famosa RADEZKY MARSCH, marcia militare composta da Johann Strauss padre per celebrare il ritorno a Milano del maresciallo Josef Radetzky dopo i moti rivoluzionari in Italia del 1848.

Ad aprire il concerto, naturalmente, LA FEDELISSIMA, marcia d’ordinanza dell’Arma dei Carabinieri sin dal 1929 composta da Luigi Cirenei, che ne fu il secondo Maestro Direttore in ordine cronologico dopo Luigi Cajoli.

In chiusura, come sempre, IL CANTO DEGLI ITALIANI. Esso si deve al generoso patriottismo di due genovesi che rispondono al nome di Goffredo Mameli (testo) e Michele Novaro (musica) e “debuttò” il 10 dicembre 1847, quando fu suonato dalla Banda Municipale “Casimiro Corradi” di Sestri Ponente sul piazzale del “Santuario della Nostra Signora di Loreto” a Oregina (Genova) in occasione del centenario della cacciata degli austriaci da Genova. Gli oltre trentamila presenti lo impararono presto a memoria e lo diffusero tra i patrioti risorgimentali: le sue note e parole riecheggiavano in ogni dove durante la famose “Cinque giornate di Milano” del 1848 e nel 1862 Giuseppe Verdi lo inserì, accanto a “God Save the Queen” e alla Marsigliese, nel suo “Inno delle Nazioni” composto per l’Esposizione Universale di Londra. In sostituzione della “Marcia Reale”, esso veniva usato come Inno Nazionale de facto della nascente Repubblica Italiana dal 1946, ma soltanto la legge n. 222 del 23 novembre 2012 ne ha sancito ufficialmente e definitivamente l’adozione quale Inno Nazionale della Repubblica Italiana, ne ha prescritto l’insegnamento nelle scuole e lo ha inserito nelle celebrazioni della Giornata dell’Unità Nazionale, dell’Inno, della Costituzione e della Bandiera che da quest’anno festeggeremo il 17 marzo di ogni anno, assistendo al Cambio della Guardia d’Onore al Quirinale in forma solenne eseguito dalle Guardie della Repubblica (il Reggimento Corazzieri dell’Arma dei Carabinieri) e accompagnato musicalmente e scenograficamente dalla magnifica Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a Cavallo, diretta dal Maresciallo Aiutante Fabio Tassinari.

Al termine del bellissimo concerto, forse breve ma senza dubbio intenso, il Maresciallo Paolo Mario Sena (Capo Fanfara), il Capitano Alessandro Trovato (Comandante della Prima Compagnia del Battaglione Carabinieri “Sicilia”) e il Tenente Colonnello Emanuele De Ciucieis (Comandante del Battaglione Carabinieri “Sicilia”) si sono recati personalmente in visita a ciascuno dei bambini più gravi che non avevano potuto lasciare il proprio letto per andare ad ascoltare il concerto.

Al loro abbraccio paterno non possiamo far altro che unirci spiritualmente e augurare a tutti i bambini e a coloro che, a vario titolo, li assistono e li sostengono un periodo natalizio il più possibile sereno.

Ai bravissimi musici della Fanfara del XII Battaglione Carabinieri “Sicilia” e a tutti i Carabinieri del Battaglione e della Legione “Sicilia” il nostro più sincero augurio di Buone Feste e un gigantesco: <<GRAZIE DI ESISTERE E DI ESSERE COME SIETE!>>

Ai bambini e a tutti voi dedichiamo, infine, queste parole di Gianni Rodari:

<<S’io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l’alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso alla U.P.I.M.: un vero abete, un pino di montagna, con un po’ di vento vero, impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti… Poi con la mia bacchetta me ne andrei a fare magie per tutte le vie. In via Nazionale farei crescere un albero di Natale carico di bambole d’ogni qualità, che chiudono gli occhi e chiamano papà, camminano da sole, ballano il rock an’roll  e fanno le capriole. Chi le vuole, le prende: gratis, s’intende. In piazza San Cosimato faccio crescere l’albero del cioccolato; in via del Tritone l’albero del panettone; in viale Bruno Buozzi, l’albero dei maritozzi e in largo di Santa Susanna, quello dei maritozzi con la panna. Continuiamo la passeggiata? La magia è appena cominciata: dobbiamo scegliere il posto all’albero dei trenini…va bene piazza Mazzini? Quello degli aeroplani, lo faccio in via dei Campani.  Ogni strada avrà un albero speciale e, il giorno di Natale, i bimbi faranno il giro di Roma a prendersi quel che vorranno. Per ogni giocattolo colto dal suo ramo, ne spunterà un altro dello stesso modello o anche più bello. Per i grandi invece ci sarà, magari in via Condotti, l’albero delle scarpe e dei cappotti. Tutto questo farei se fossi un mago…però non lo sono: che posso fare? Non ho che auguri da regalare: di auguri ne ho tanti, scegliete quelli che volete, prendeteli tutti quanti!>>

Tannenbaum

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La sera del 13 dicembre 2013 abbiamo avuto la possibilità di assistere alla cerimonia di consegna ufficiale e all’accensione del tradizionale Albero di Natale in piazza San Pietro, presenziata dal cardinale Giuseppe Bertello e dell’arcivescovo Fernando Vergez Alzaga, rispettivamente Presidente e Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
Quest’anno l’abete è stato donato al Sommo Pontefice dalla comunità bavarese di Waldmünchen: il tronco raggiunge un diametro di novantotto centimetri (pressoché un metro!), pesa settantadue quintali ed è alto ben venticinque metri. Era dal lontano 1984 che in piazza San Pietro non svettava un abete proveniente dalla Germania e la comunità dell’Alto Palatinato ha voluto essere particolarmente generosa, donando anche sessanta alberi di Natale più piccoli che orneranno vari ambienti della Città del Vaticano: in tal modo uno di questi potrà allietare le festività natalizie del loro conterraneo Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger.
L’associazione Trenckfestspiele, coadiuvata dalle Forze dell’Ordine italiane (Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia di Stato, si è occupata delle non semplici operazioni di trasporto e consegna degli abeti e, in particolare, dell’Albero di Natale destinato a campeggiare sulla piazza più suggestiva del mondo fino al termine delle festività natalizie: esso è giunto nella capitale con un piccolo anticipo sul calendario – durante la notte tra il 4 e il 5 dicembre – poiché i trasportatori hanno voluto approfittare dell’assenza di nebbia sulle strade della Germania e dell’Austria per far viaggiare in sicurezza il sessantenne gigante dei boschi di Waldmünchen. L’abete è stato collocato, grazie al faticoso lavoro delle maestranze dei Servizi Tecnici del Governatorato, accanto all’obelisco di piazza San Pietro come ogni anno, sotto le finestre dell’appartamento papale ormai disabitato: Papa Francesco infatti ha, com’è noto, scelto di abitare nella “Casa Santa Marta” e pertanto, a differenza dei suoi predecessori, non ne godrà la vista. Il Santo Padre ha però voluto ricevere personalmente,nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, la delegazione internazionale giunta a Roma e ha salutato con fraterno affetto monsignor Rudolf Voderholzer, Vescovo di Regensburg, e monsignor František Radkovský, Vescovo di Plzeň diocesi confinante situata nel territorio dell’attuale Repubblica Ceca: questo albero gode infatti della doppia nazionalità ceco-tedesca, essendo cresciuto giustappunto sulla frontiera che segna ill confine tra la Germania e la Repubblica Ceca dove per anni il popolo bavarese e il popolo boemo si sono scontrati, e rappresenta oggi un segno di amicizia e riconciliazione tra i due paesi.
«Con questi doni, tanto graditi, voi avete voluto manifestare la vicinanza spirituale e l’amicizia che legano la Germania tutta, e in particolare la Baviera, alla Santa Sede, nel solco della tradizione cristiana che ha fecondato la cultura, la letteratura e l’arte della vostra Nazione e dell’Europa intera»: ha detto loro il Pontefice, che ha così proseguito: «Questo maestoso abete resterà accanto al presepe fino al termine delle festività natalizie e sarà ammirato dai romani e da pellegrini e turisti di ogni parte del mondo.»
La cerimonia di consegna dell’albero, preceduta da alcuni brani del loro repertorio, è stata solennemente introdotta dalle note dell’Inno Nazionale della Germania, dall’Inno dello Stato Pontificio e dall’Inno della Baviera (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Bayernhymne), eseguiti dalla Banda Musicale della Gendarmeria Vaticana. I validi musici, diretti dall’ottimo Maestro Giuseppe Cimini, hanno suonato altri pezzi del loro repertorio durante le pause che hanno intervallato i discorsi, debitamente tradotti, delle autorità civili bavaresi – tra cui alcuni ministri del Land della Baviera e il Sindaco di Waldmünchen Markus Ackermann – e religiose. Prima dell’accensione dell’albero i delegati bavaresi e i numerosi pellegrini e turisti di origine tedesca presenti in piazza San Pietro hanno intonato il canto Stille Nacht, accompagnati dalla Banda della Gendarmeria.
Le ance – a labium, semplici e doppie – in divisa blu ornata di bellissimi alamari candidi come la neve hanno reso ancor più suggestiva l’accensione dell’Albero di Natale intonando il Va’ pensiero, aria tratta dal Nabucco di Giuseppe Verdi e hanno così dato significato alle parole del Sommo Pontefice «Anche oggi Gesù continua a dissipare le tenebre dell’errore e del peccato per recare all’umanità la gioia della sfolgorante luce divina di cui l’albero natalizio è segno e richiamo.»
Eccovi un’anteprima http://www.papaboys.org/live-tv-ore-16-30-in-diretta-laccensione-dellalbero-di-natale-in-piazza-san-pietro/
Al termine della cerimonia la Banda Musicale della Gendarmeria Vaticana ha sfilato in buon ordine fino all’interno delle Mura al suono di “Parata d’eroi”, loro pezzo forte composto da Francesco Pellegrino.
La delegazione bavarese ci ha poi gentilmente invitati al lauto banchetto a base di prodotti tipici bavaresi, accompagnati da un ottimo e graditissimo vin brulé.
Prima che il solito criticone si affacci per obiettare qualcosa, vogliamo informarlo del fatto che dopo le festività natalizie il legno del tronco verrà utilizzato per costruire giocattoli e piccoli oggetti di uso quotidiano destinati a bambini che vivono nel caloroso abbraccio di famiglie indigenti.
Ringraziamo il Coordinatore della Banda della Gendarmeria Vaticana, il Commendator Colonnello Giuseppe D’Amico per averci concesso di effettuare le foto e i video che, speriamo presto, potremo mostrarvi.
Non ringrazieremo mai abbastanza gli agenti e i dirigenti della Polizia di Stato, assegnati al servizio presso l’Ispettorato di pubblica sicurezza “Vaticano”, per l’assistenza fornitaci e per la cortesia e professionalità con la quale svolgono quotidianamente il proprio quotidiano superlavoro.
A tutti i sopracitati, ma in particolare a loro, vogliamo dedicare, facendole nostre, le parole di Papa Francesco: «Rinnovo di cuore a ciascuno di voi il più fervido augurio di Buon Natale, e vi chiedo di portarlo anche alle vostre famiglie e a tutti i vostri connazionali. Vi domando per favore di pregare per me, mentre volentieri invoco su tutti voi la benedizione del Signore. Il Signore vi benedica e vi custodisca, voi, le vostre famiglie, la vostra Patria e tutto il mondo. Amen.»

…è Natale anche qui…

All’interno dell’ex Quartiere Militare di San Giacomo, cui si accede dal civico 473 del Corso Vittorio Emanuele, si trovano due caserme: la caserma “Antonio Bonsignore” poi intitolata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, presso cui ha sede il Comando della Legione Carabinieri “Sicilia”, e la caserma “Calatafimi”, presso cui ha sede il XII Battaglione Carabinieri “Sicilia”. Da oggi, sino al termine delle festività natalizie, presso questo indirizzo del meraviglioso centro storico della città di Palermo, ha sede anche il bellissimo presepe allestito con tanta devozione dai Carabinieri che operano nel nucleo “minuto mantenimento” del Battaglione “Sicilia”. Il presepe è stato benedetto dal cappellano militare, il Capitano don Salvatore Falzone, nel corso di una breve, ma calorosa cerimonia che si è tenuta nella caserma “Calatafimi”, il cui nome ricorda l’importante battaglia vinta da Giuseppe Garibaldi e dalle sue Mille “camicie rosse” che conquistarono la Sicilia al Regno d’Italia. Riuniti, come una grande famiglia, i militari d’ogni grado appartenenti alla Legione e al Battaglione Carabinieri “Sicilia”, che stanno vivendo una stagione intensa e nuovamente inquietante, alle prese con le proteste – per certi versi comprensibili o persino condivisibili – del cosiddetto Movimento dei Forconi da un lato e con la pesante atmosfera di allarme per la sicurezza del procuratore anti mafia Di Matteo e di sospetti sulla presunta trattativa Stato-mafia che continuano ad aleggiare nell’aria di Palermo e non solo. Non sappiamo cosa abbiano detto loro il Generale di Brigata Giuseppe Governale, Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, e il Tenente Colonnello Emanuele De Ciucieis, cui è stato assegnato da qualche mese il Comando del XII Battaglione: immaginiamo siano state parole di augurio e di incoraggiamento. Sappiamo per certo che tutti hanno gradito questo breve momento di serenità donato loro, attraverso la musica, dalla Fanfara del XII Battaglione Carabinieri “Sicilia”. I validi colleghi musici hanno suonato – ben diretti, come sempre, dal Maresciallo Paolo Mario Sena – l’immancabile marcia d’ordinanza dell’Arma dei Carabinieri scritta da Luigi Cirenei col titolo “La Fedelissima” e le trascrizioni originali di Piero Vidale di alcuni brani natalizi, come “Piva Piva” (canto tradizionale di probabile origine emiliana), “Tu scendi dalle stelle” (scritto e composto nel 1754 da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori), “Santa Notte” (nota come Stille Nacht, composta nel 1818 da Franz Xaver Gruber e scritta da Joseph Mohr) e “L’Albero di Natale” (versione italiana di “O Tannenbaum”, canto tradizionale composto da un anonimo tedesco costituito da tre strofe scritte da Joachim August Zarnack e Ernst Gebhardth Anschütz).

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Noi, con immenso affetto e un caloroso e fraterno abbraccio, gli dedichiamo questa:

O.N.A.O.M.A.C.

L’acronimo O.N.A.O.M.A.C. si utilizza per denominare in forma breve la nobilissima “Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri”.
Essa nacque, con atto notarile datato 15 maggio 1948, allo scopo di istituire un orfanatrofio, grazie all’offerta volontaria di una giornata di stipendio di tutti i componenti dell’Arma dei Carabinieri per l’ammontare di ben trentasette milioni di lire italiane. Il primo Consiglio di Amministrazione era formato da un Generale dell’Arma dei Carabinieri, che ricopriva il ruolo di Presidente, da Ufficiali in servizio ed in congedo, da un Sottufficiale e da un graduato dei Carabinieri in servizio, da un Cappellano Militare dell’Arma e da una Vedova di militare dell’Arma caduto nell’adempimento del dovere.
L’Opera si prefiggeva di aiutare gli orfani dei Carabinieri caduti in guerra o in servizio consentendo loro la possibilità di ricovero gratuito in collegi di educazione e di istruzione dell’Opera medesima o, nel caso che la domanda fosse stata maggiore della ricettività di collegi stessi, presso altri istituti o educandati (nei limiti delle disponibilità finanziarie dell’ O.N.A.O.M.A.C.). Con l’importo disponibile venne dunque acquistato un vecchio fabbricato in San Mauro Torinese, sul Colle Superga, e trasformato, dopo opportuni lavori di ristrutturazione, nel primo collegio di proprietà dell’ Opera Nazionale: furono affidate ai Padri Salesiani la direzione del collegio e la cura dei primi cento orfani, tutti maschi in età scolare elementare. Piccola goccia d’acqua dolce nell’oceano salato delle avversità provocate dalla guerra, ma bastevole a dissetare d’affetto materiale e spirituale i bambini che l’avevano perduto a causa della prematura scomparsa dei loro padri.
Con D.P.R. 5 ottobre 1948, l’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri fu eretta in Ente Morale e ne fu riconosciuta la personalità giuridica.
Tre anni dopo, considerati i positivi risultati ottenuti, l’assistenza fu estesa – presso il collegio di Mornese – anche a sessanta orfane, grazie alla convenzione stipulata con le Suore Salesiane di S. Maria Ausiliatrice. Conseguentemente al cospicuo numero di domande d’assistenza che pervenivano da ogni parte d’Italia, si rese necessario stipulare convenzioni con un altro centinaio di collegi che fossero sparsi in varie Regioni d’Italia onde evitare l’allontanamento degli orfani anche dagli affetti familiari superstiti. Tra questi ricordiamo l’Istituto della Natività di Roma, il collegio Cardinale Salotti di Montefiascone, il collegio Padre Magnanet di Montepulciano, il collegio Pergolesi di Jesi e il collegio di Busnago, per citarne solo alcuni.
L’Opera si poneva come obiettivo quello di fornire agli orfani, sia maschi che femmine, una cultura sufficiente e di tipo professionale, mirata soprattutto all’apprendimento di un’arte o un mestiere al fine di un più agevole inserimento nel mondo del lavoro.
Grazie alle offerte dei carabinieri in servizio e dei cittadini che, avendo compreso i nobili ideali dell’Ente, non lesinavano offerte in denaro o lasciti di beni immobili, divenne possibile un importante cambio di “filosofia” riguardo alla formazione dei giovani: furono sottoscritte, infatti, altre convenzioni con vari collegi che ammettessero anche alla frequenza delle scuole secondarie superiori d’indirizzo classico e scientifico, coloro che avevano dimostrato particolare attitudine agli studi. Venne altresì estesa l’assistenza anche ai figli dei Militari dell’Arma, in congedo ed in servizio, rimasti orfani per decesso naturale del genitore, che fosse comunque derivato da cause di servizio: gli orfani assistiti in collegio raggiunsero così il numero di 966. Si decise allora, allo scopo di offrire ai ragazzi un maggior benessere, di acquistare, nel 1960, il Collegio-Colonia Marina di Calambrone di Pisa e, nel 1963, un appezzamento di terreno attiguo al collegio maschile per costruire un Collegio-Colonia femminile. Durante l’anno scolastico 1964-65 si raggiunse il maggior numero di orfani assistiti in collegio, che sfioravano quota mille. Le migliorate condizioni economiche generali dell’Italia del boom economico degli Anni Sessanta e la sempre minore disponibilità da parte delle madri vedove di privarsi anche dell’affetto filiale provocarono poi una sempre minore richiesta d’assistenza in collegio e un vertiginoso aumento di richieste di assistenza in famiglia. Alcuni dati possono rendere un’idea del mutamento: dopo dieci anni dalla fondazione dell’Opera Nazionale gli assistiti in collegio erano 966 e nessuno in famiglia, dopo venti anni gli assistiti erano 673 in collegio e 238 in famiglia, dopo trenta anni gli orfani in collegio erano 170 ed in famiglia 100 e, dopo quaranta anni, l’assistenza in collegio era devoluta a favore di 35 orfani, mentre gli assistiti in famiglia erano 1300. Oggi l’O.N.A.O.M.A.C. assiste circa 1100 orfani, a ciascuno dei quali eroga un sostegno semestrale, distinto per fasce d’età, sino al compimento degli studi; l’assistenza agli orfani disabili è, invece, garantita a vita. 

Col tempo sono mutati profondamente gli orientamenti sull’attività assistenziale e, da un concetto di “assistenza” intesa come azione sostitutiva della famiglia da realizzarsi in appositi istituti, si è passati a un moderno sistema che considera l’assistenza stessa un vero e proprio servizio di affiancamento e di completamento alla famiglia per aiutare i gli orfani nell’inserimento sociale. 

L’Opera Nazionale di Assistenza per gli orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri è, attualmente, un Ente Morale di natura privatistica che ha il suo Organo tutorio nel Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Essa è guidata da un Consiglio di Amministrazione che viene nominato dal Ministro della Difesa, su proposta del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e ne fanno parte: ufficiali e sottufficiali in servizio ed in congedo; militari del ruolo degli ispettori, dei sovrintendenti o degli appuntati dei Carabinieri in servizio; un generale cappellano, capo del Servizio Spirituale dell’Arma dei Carabinieri; una vedova di militare dell’Arma. Il Consiglio di Amministrazione dell’O.N.A.O.M.A.C. delibera su ogni argomento concernente l’erogazione dell’assistenza agli orfani e su tutte le questioni amministrative: erogazione dei sostegni scolastici, compresi un premio “buon profitto” agli orfani di ogni fascia d’età che si sono distinti negli studi e un sussidio di “fine assistenza” agli orfani che terminano gli studi; targhe d’argento per i giovani che conseguono la laurea; vacanze invernali presso i soggiorni Carabinieri di Merano e Bressanone e vacanze estive presso il soggiorno dei Carabinieri di Ischia; vacanza studio in Inghilterra per i neo diplomati, al fine di approfondire la conoscenza della lingua inglese; viaggi all’estero per ragazzi particolarmente meritevoli.

L’attività assistenziale che l’Opera Nazionale realizza in favore degli orfani dell’Arma dei Carabinieri è resa possibile prevalentemente dai contributi volontari mensili elargiti dai militari di ogni grado dell’Arma dei Carabinieri: essi rappresentano circa il 90 % delle entrate e questo indubbiamente costituisce motivo di vanto e orgoglio per l’Arma perché è testimonianza concreta del legame ideale che unisce l’Istituzione alle famiglie dei colleghi meno fortunati. La restante parte delle risorse finanziarie disponibili derivano da elargizioni liberali da parte di militari in congedo appartenenti all’Arma dei Carabinieri, da interessi sui titoli di Stato e da canoni di locazione degli immobili, ricevuti in donazione, eredità o legato. 

L’OPERA NAZIONALE DI ASSISTENZA PER GLI ORFANI DEI MILITARI DELL’ARMA DEI CARABINIERI NON RICEVE CONTRIBUTI DI SORTA DA PARTE DELLO STATO.

Ci rendiamo perfettamente conto di quanto possa risultare quasi fastidioso, in un periodo di crisi economica come questo, un appello a effettuare donazioni a favore di questo benefico Ente piuttosto che per altri pertanto la nostra personale “preghiera” è rivolta essenzialmente a coloro che devono la propria vita o la salvezza dei propri affetti o anche solo dei propri beni materiali al sacrificio estremo di un angelo custode vestito di nero, con una banda rossa sul pantalone, una lucerna col pennacchio rossoblu e una fiammella di speranza che arde sfidando il vento della crisi di valori e ideali che contraddistingue la trista e sinistra epoca in cui ci troviamo a vivere. Se abbiamo in qualche modo toccato il vostro cuore, potete effettuare donazioni, peraltro deducibili dalle tasse, sui uno dei seguenti conti correnti: C/C bancario presso la Banca Nazionale del Lavoro identificato da iban IT77Z0100503344000000000121; C/C Poste Italiane identificato da iban IT35Z0760103200000000288019. Per ulteriori approfondimenti potete collegarvi al sito http://www.onaomac.it/. 

Se siete seguaci di San Tommaso e del suo motto <<Se non vedo, non credo.>> , potete richiedere un appuntamento e poi recarvi di persona presso la loro sede in Roma, Via Carlo Alberto Dalla Chiesa, 1/A.

Nel frattempo, speriamo che il Concerto che la Fanfara del III Battaglione Carabinieri “Lombardia” offrirà il prossimo 19 dicembre ai soci del Giant’s Club di Torino, che ha organizzato tale evento benefico, potrà mietere un gran successo nel raccogliere fondi a favore dell’O.N.A.O.M.A.C. ImageImageImage

Nota Bene: Per chi non lo sapesse, il Giant’s Club è un’Associazione “no service” e “no profit”, costituita in larga misura da professionisti e dai membri della famiglia Actis Dato nell’intento di ricordare la figura professionale ed umana del Professor Angelo Actis Dato, pioniere della Cardiochirurgia italiana.

Concerto n. 1 in Do maggiore per pianoforte e orchestra op. 15 – Allegro con brio – Ludwig Van Beethoven

Nella giornata di ieri si celebrava la festa di Santa Barbara, patrona dei Marinai e dei Vigili del Fuoco, e – chissà perché – il nome ci ha fatto venire in mente “Babette”, destinataria di cotanto brano. Ludwig Van Beethoven dedicò, infatti,questo CONCERTO N. 1 IN DO MAGGIORE N. 1 PER PIANOFORTE E ORCHESTRA alla contessa Anna Luise Barbara Keglevics, sua allieva. Egli compose questo concerto tra il 1796 e il 1797 dopo aver scritto un Concerto per pianoforte in Mi bemolle maggiore rimasto inedito – risalente al 1784 e da non confondersi con il famoso Concerto in Mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra n. 5 op. 73, dedicato all’arciduca Rodolfo Giovanni D’Asburgo Lorena e denominato erroneamente “L’Imperatore” – e il Concerto per pianoforte in Si bemolle maggiore n. 2 op. 19 (composto nel 1789, ma pubblicato nel 1801). Il terzo Concerto in Do maggiore per pianoforte e orchestra, dedicato alla principessa Fürstin Odescalchi (nata Keglevics), venne eseguito per la prima volta nel 1797 a Praga dallo stesso autore al pianoforte e fu il primo a essere pubblicato (da qui la denominazione “errata” di Concerto n. 1): agli ascoltatori risultò evidente l’ispirazione agli stili dei predecessori Mozart e Haydn, ma la personalità musicale di Beethoven gli si rivelò grazie agli spostamenti armonici improvvisi che lo contraddistinsero.
Esso è strutturato in tre movimenti: I Allegro con brio, II Largo, III Rondo – Allegro scherzando.
Il primo movimento è in forma di Sonata, ma con l’aggiunta di esposizione orchestrale, cadenza e coda. Esso inizia con la presentazione dei due temi principali da parte dall’orchestra: il primo è di grande gioia, messo a punto da tutti i componenti l’orchestra, ed è generosamente legato al secondo tema più morbido e più lirico dato dalla “voce” del pianoforte e la loro fusione genera una cadenza ricca di temi subordinati – variabili per lunghezza e difficoltà e, in questo caso, obbligatoriamente brevi, ma incisivi – eseguiti dai solisti. La coda, nuovamente gioiosa e “trillante”, è nuovamente prodotta dall’orchestra al completo.
L’organico originale previsto dall’autore era costituito – oltre che dal pianoforte solista – da un flauto, due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe, archi e timpani. Il maresciallo M° Andrea Bagnolo, non per nulla soprannominato “il sarto” dai suoi musici in divisa, ha trascritto un interessante arrangiamento per banda “cucito su misura” all’organico di cui ha potuto disporre: Katya Genghini al pianoforte; l’appuntato Massimiliano Priamo Ferrara al flauto; il brigadiere Cono Randazzo al clarinetto piccolo; l’appuntato Nicola Moliterno e gli appuntati scelti Giuseppe Cannici e Cesare Sticchi ai primi clarinetti; l’appuntato scelto Giovanni Conti e il carabiniere Filippo Gattuccio ai secondi clarinetti; il carabiniere Flavio Serinelli al fagotto; l’appuntato scelto Rocco Massimo Cammarata e il carabiniere Antonio Pugliatti al primo e secondo sassofono contralto in Mi-b e il brigadiere capo Antonio Desiderio al sassofono tenore in Si-b; l’appuntato scelto Marcello Pilia e e il carabiniere scelto Giacomo Schiralli al primo e secondo corno; il brigadiere Giovanni Mandunzio e gli appuntati scelti Domenico Arena e Pasquale Daluiso alla prima e alle seconde cornette in Si-b; gli appuntati scelti Elio Gregorio e Giuseppe Schiariti al primo e secondo trombone; l’appuntato scelto Edi Zuliani al flicorno sopranino in Mi-b; il brigadiere Salvatore Celano e l’appuntato scelto Sebastiano Giuffrida al primo e secondo flicorno soprano in Si-b; l’appuntato scelto Natale Ferrara e il carabiniere scelto Vincenzo Vignola al primo e secondo flicorno contralto in Mi-b; l’appuntato scelto Luigi Bagnato al flicorno basso in Si-b e gli appuntati scelti Antonino Mario Lipari e Andrea Giuseppe Prandi al flicorno basso grave in Si-b; l’appuntato scelto Pierluigi Gasbarri, l’appuntato Manuel Limonetti e il carabiniere scelto Antonio Luise alle percussioni. Il risultato ve lo proponiamo in questo video amatoriale, di cui vi preghiamo di perdonare la scarsa qualità dovuta a inesperienza e all’impossibilità economica di acquisto e utilizzo di mezzi tecnologici professionali, e vi lasciamo assolutamente liberi di “giudicarlo” NEL VOSTRO INTIMO poiché non vogliamo influenzarvi in alcun modo con il nostro gusto personale che si basa più sulla trasmissione delle emozioni che sulla fredda perfezione tecnica delle esecuzioni dei solisti o dei complessi bandistici militari che seguiamo con passione.
Vogliamo invece influenzarvi invitandovi a contribuire all’apertura e all’attività del Centro per l’ascolto e il sostegno psicologico dei militari italiani reduci dalle missioni di pace, dei feriti e degli invalidi per motivi di servizio che appartengano alle fila delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine italiane e dei familiari dei caduti, “vittime del dovere, della guerra, del terrorismo e della criminalità organizzata”: d’altro canto lo scopo del Concerto di Natale per pianoforte e fanfara presso il Teatro Villoresi di Monza è stato organizzato proprio con questo nobile scopo da parte dell’Associazione Vittime del Dovere, fondata da Emanuela Piantadosi, di cui presto parleremo più approfonditamente. Li ringraziamo per averci invitati e per averci concesso di effettuare le nostre riprese audiovisive e salutiamo con affetto e ammirazione i ragazzi della Fanfara del III Battaglione Carabinieri “Lombardia” e il Capo Fanfara Andrea Bagnolo.
P.s.: Un giornalista professionista viaggerebbe gratis sui treni italiani, godrebbe di speciali sconti e trattamenti nei ristoranti e nelle strutture alberghiere che si trovassero a ospitarlo e verrebbe lautamente remunerato per i suoi “servigi”, ma non potrebbe permettersi di scrivere l’ultima frase del nostro “articolo”…ed è proprio per non perdere questa libertà e questo modo di “sentire” oltreché ascoltare che probabilmente resteremo semplici blogger a vita. 😉

Concerto n. 1 in Do maggiore per pianoforte e orchestra op. 15 – Allegro con brio – Ludwig Van Beethoven

Nella giornata di ieri si celebrava la festa di Santa Barbara, patrona dei Marinai e dei Vigili del Fuoco, e – chissà perché – il nome ci ha fatto venire in mente “Babette”, destinataria di cotanto brano. Ludwig Van Beethoven dedicò, infatti,questo CONCERTO N. 1 IN DO MAGGIORE N. 1 PER PIANOFORTE E ORCHESTRA alla contessa Anna Luise Barbara Keglevics, sua allieva. Egli compose questo concerto tra il 1796 e il 1797 dopo aver scritto un Concerto per pianoforte in Mi bemolle maggiore rimasto inedito – risalente al 1784 e da non confondersi con il famoso Concerto in Mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra n. 5 op. 73, dedicato all’arciduca Rodolfo Giovanni D’Asburgo Lorena e denominato erroneamente “L’Imperatore” – e il Concerto per pianoforte in Si bemolle maggiore n. 2 op. 19 (composto nel 1789, ma pubblicato nel 1801). Il terzo Concerto in Do maggiore per pianoforte e orchestra, dedicato alla principessa Fürstin Odescalchi (nata Keglevics), venne eseguito per la prima volta nel 1797 a Praga dallo stesso autore al pianoforte e fu il primo a essere pubblicato (da qui la denominazione “errata” di Concerto n. 1): agli ascoltatori risultò evidente l’ispirazione agli stili dei predecessori Mozart e Haydn, ma la personalità musicale di Beethoven gli si rivelò grazie agli spostamenti armonici improvvisi che lo contraddistinsero.
Esso è strutturato in tre movimenti: I Allegro con brio, II Largo, III Rondo – Allegro scherzando.
Il primo movimento è in forma di Sonata, ma con l’aggiunta di esposizione orchestrale, cadenza e coda. Esso inizia con la presentazione dei due temi principali da parte dall’orchestra: il primo è di grande gioia, messo a punto da tutti i componenti l’orchestra, ed è generosamente legato al secondo tema più morbido e più lirico dato dalla “voce” del pianoforte e la loro fusione genera una cadenza ricca di temi subordinati – variabili per lunghezza e difficoltà e, in questo caso, obbligatoriamente brevi, ma incisivi – eseguiti dai solisti. La coda, nuovamente gioiosa e “trillante”, è nuovamente prodotta dall’orchestra al completo.
L’organico originale previsto dall’autore era costituito – oltre che dal pianoforte solista – da un flauto, due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe, archi e timpani. Il maresciallo M° Andrea Bagnolo, non per nulla soprannominato “il sarto” dai suoi musici in divisa, ha trascritto un interessante arrangiamento per banda “cucito su misura” all’organico di cui ha potuto disporre: Katya Genghini al pianoforte; l’appuntato Massimiliano Priamo Ferrara al flauto; il brigadiere Cono Randazzo al clarinetto piccolo; l’appuntato Nicola Moliterno e gli appuntati scelti Giuseppe Cannici e Cesare Sticchi ai primi clarinetti; l’appuntato scelto Giovanni Conti e il carabiniere Filippo Gattuccio ai secondi clarinetti; il carabiniere Flavio Serinelli al fagotto; l’appuntato scelto Rocco Massimo Cammarata e il carabiniere Antonio Pugliatti al primo e secondo sassofono contralto in Mi-b e il brigadiere capo Antonio Desiderio al sassofono tenore in Si-b; l’appuntato scelto Marcello Pilia e e il carabiniere scelto Giacomo Schiralli al primo e secondo corno; il brigadiere Giovanni Mandunzio e gli appuntati scelti Domenico Arena e Pasquale Daluiso alla prima e alle seconde cornette in Si-b; gli appuntati scelti Elio Gregorio e Giuseppe Schiariti al primo e secondo trombone; l’appuntato scelto Edi Zuliani al flicorno sopranino in Mi-b; il brigadiere Salvatore Celano e l’appuntato scelto Sebastiano Giuffrida al primo e secondo flicorno soprano in Si-b; l’appuntato scelto Natale Ferrara e il carabiniere scelto Vincenzo Vignola al primo e secondo flicorno contralto in Mi-b; l’appuntato scelto Luigi Bagnato al flicorno basso in Si-b e gli appuntati scelti Antonino Mario Lipari e Andrea Giuseppe Prandi al flicorno basso grave in Si-b; l’appuntato scelto Pierluigi Gasbarri, l’appuntato Manuel Limonetti e il carabiniere scelto Antonio Luise alle percussioni. Il risultato ve lo proponiamo in questo video amatoriale, di cui vi preghiamo di perdonare la scarsa qualità dovuta a inesperienza e all’impossibilità economica di acquisto e utilizzo di mezzi tecnologici professionali, e vi lasciamo assolutamente liberi di “giudicarlo” NEL VOSTRO INTIMO poiché non vogliamo influenzarvi in alcun modo con il nostro gusto personale che si basa più sulla trasmissione delle emozioni che sulla fredda perfezione tecnica delle esecuzioni dei solisti o dei complessi bandistici militari che seguiamo con passione.
Vogliamo invece influenzarvi invitandovi a contribuire all’apertura e all’attività del Centro per l’ascolto e il sostegno psicologico dei militari italiani reduci dalle missioni di pace, dei feriti e degli invalidi per motivi di servizio che appartengano alle fila delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine italiane e dei familiari dei caduti, “vittime del dovere, della guerra, del terrorismo e della criminalità organizzata”: d’altro canto lo scopo del Concerto di Natale per pianoforte e fanfara presso il Teatro Villoresi di Monza è stato organizzato proprio con questo nobile scopo da parte dell’Associazione Vittime del Dovere, fondata da Emanuela Piantadosi, di cui presto parleremo più approfonditamente. Li ringraziamo per averci invitati e per averci concesso di effettuare le nostre riprese audiovisive e salutiamo con affetto e ammirazione i ragazzi della Fanfara del III Battaglione Carabinieri “Lombardia” e il Capo Fanfara Andrea Bagnolo.
P.s.: Un giornalista professionista viaggerebbe gratis sui treni italiani, godrebbe di speciali sconti e trattamenti nei ristoranti e nelle strutture alberghiere che si trovassero a ospitarlo e verrebbe lautamente remunerato per i suoi “servigi”, ma non potrebbe permettersi di scrivere l’ultima frase del nostro “articolo”…ed è proprio per non perdere questa libertà e questo modo di “sentire” oltreché ascoltare che probabilmente resteremo semplici blogger a vita. 😉

TICO – TICO

“Tico-Tico no Farelo” era il titolo originale di un famoso chorinho (lamento) brasiliano composto da José Gomes de Abreu – in arte Zequinha – nel 1917: poiché il chitarrista brasiliano Américo Jacomino Canhoto (1889-1928) aveva già scritto un brano col medesimo titolo, Zequinha accettò di titolare la propria composizione “Tico tico no Fubà” nel 1931. Tico-Tico è, in realtà, il nome portoghese del Passero dal collare rosso (Zonotrichia capensis) molto diffuso sull’isola di Hispaniola e nelle aree centrali e meridionali del continente americano, dalla zona sudorientale del Mexico all’estremo sud della Terra del Fuoco: esso è famoso per le sue particolari vocalizzazioni, che sono state intensamente studiate soprattutto negli anni ’70 del XX secolo soprattutto da ornitologi del calibro di Paul Handford e Stephen C. Lougheed della Oshkosh University del Wisconsin, di Fernando Nottebohm della Rockefeller University di New York e di Pablo Luis Tubaro dell’Università di Buenos Aires. L’habitat ideale dello Zonotrichia capensis, detto appunto Tico-Tico in Brasile, Copeton in Colombia e Chingolo nelle restanti aree americane di lingua spagnole, risulta essere spesso assai vicino ai luoghi di residenza degli esseri umani ed anzi queste due specie viventi entrano spesso in contatto tra loro: nel caso descritto da questo chorinho di Zequinha il Passero dal collare rosso è andato a rubacchiare un po’ di farina di mais, che in Brasile viene appunto chiamata anche “Fubá”. “Tico -Tico no Fubá” significa semplicemente Passerotto nella farina di mais. Il testo originale in portoghese della canzone è stato scritto da Aloysio De Oliveira: <<O tico tico tá, tá outra vez aqui, o tico tico tá comendo o meu fubá. Se o tico tico tem, tem que se alimentar, que vá comer umas minhocas no pomar. O tico tico tá, tá outra vez aqui, o tico tico tá comendo o meu fubá. Eu sei que ele vem viver no meu quintal,e vem com ares de canário e de pardal. Mas por favor tira esse bicho do celeiro, porque ele acaba comendo o fubá inteiro. Tira esse tico de lá, de cima do meu fubá. Tem tanta fruta que ele pode pinicar. Eu já fiz tudo para ver se conseguia. Botei alpiste para ver se ele comia. Botei um gato um espantalho e um alçapão, mas ele acha que o fubá é que é boa alimentação.>> La traduzione in lingua italiana dovrebbe essere pressappoco questa: <<Il Tico-Tico è di nuovo qui e si sta mangiando la mia farina di mais. Il Tico-Tico tico dovrebbe andare a mangiare i vermi nel frutteto invece sta mangiando la mia farina di mais. E’ venuto ad abitare nel mio cortile con un’aria mite e innocua da canarino e da passerotto…ma dobbiamo rinchiuderlo presto nel fienile altrimenti finirà per mangiare tutta la farina di mais. Dai, forza! Prendi questo Tico-Tico che è lì, sopra la mia farina di mais. Ho fatto di tutto per tentare di tenerlo lontano: ho messo becchime, ma non l’ha mangiato. Ho provato con un gatto, uno spaventapasseri e una botola, ma a quanto pare esso preferisce la farina di mais.>>

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La prima registrazione di questo brano venne eseguita dall’ Orquestra Colbaz per l’etichetta discografica Columbia (22029 , 1931) ed è stato poi inciso da numerosi artisti famosi: colei che ha reso popolare “Tico-Tico no fubà” a livello internazionale furono indubbiamente Carmen Miranda, che l’ha eseguito nel film Copacabana ( 1947), ) e Ray Conniff. Nel 1952 la Compagnia Cinematogràfica  Vera Cruz ha prodotto un film col medesimo titolo, con Anselmo Duarte nei panni del protagonista principale. Nel film Saludos Amigos (1942) della Walt Disney è stata inserita nella colonna sonora della parte chiamata “Aquarela do Brasil”; successivamente è stata utilizzata nelle colonne sonore dei film Bathing Beauty (1943) e Radio Days (1987). Questa canzone viene utilizzata abbastanza nel mondo televisivo, come ad esempio vari episodi del cartone animato belga Kabouter Wesley o la pubblicità canadese di uno spot pubblicitario eseguita da James Booker con la Band di Jerry Garcia o la pubblicità di una marca di vernici. Una registrazione famosa è stata fatta da Ethel Smith all’organo Hammond negli anni ’30, da The Andrew Sisters nel 1944 e dal chitarrista di flamenco Paco de Lucía nel 1967.

Tico-Tico no Fubà è entrato a far parte del repertorio di alcune bande militari italiane già da tempo: questa che vi proponiamo è l’ultima che ci è capito di ascoltare, ballando sul posto, è quella eseguita dalla Fanfara del III Battaglione Carabinieri “Lombardia”, diretta dal Maresciallo Andrea Bagnolo, in occasione del concerto che si è tenuto presso il Teatro Villoresi di Monza venerdì 29 novembre 2013: magari riusciranno a salvare la farina di mais dalla voracità del Passero dal collo rosso! In realtà sono riusciti ad attirare molti ospiti paganti allo scopo di sostenere le spese che l’Associazione Vittime del Dovere dovrà affrontare per aprire un Centro di ascolto e sostegno psicologico per i militari italiani reduci dalle missioni di pace, per le famiglie dei rappresentanti delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine caduti in servizio e per i medesimi militari rimasti feriti o invalidi in conseguenza della quotidiana battaglia che essi sostengono contro la criminalità comune e organizzata e contro il terrorismo sia in Italia sia all’estero.