Il Conte Rosso

Piroscafo CONTE ROSSO

Piroscafo CONTE ROSSO

In onore di Amedeo VII di Savoia, Conte di Savoia e Conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391 noto come il “Conte Rosso”- il Lloyd Sabaudo volle chiamare un piroscafo transatlantico di 180 metri di lunghezza, 22 di larghezza, 17.879 tonnellate di stazza lorda e circa 22.000 tonnellate di dislocamento, costruito nei cantieri scozzesi William Beardmore & Co a Dalmuir nei pressi di Glasgow. * A onor del vero, il primo tentativo di varo, avvenuto il 26 gennaio 1921, fallì perché la nave rimase ferma sullo scalo: in marineria, si sa, la superstizione domina e, forse, con un fondo di ragione. Invece lo scafo del piroscafo scese effettivamente in acqua il successivo 10 febbraio, ma trascorse più di un anno prima che i lavori finissero. Il “Conte Rosso” salpò, infatti, il 29 marzo 1922 per il suo viaggio inaugurale sulla rotta Genova-Napoli-Montevideo-Buenos Aires.

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Dai carteggi dei Lloyds risulta che dal 1922 al 1928 il transatlantico venisse impiegato sulla linea Genova-Napoli-New York e poi, fino al 1932 fu destinato a percorrere la rotta del suo primo viaggio verso il Sud America. In seguito alla fusione del Lloyd Sabaudo di Genova con due altre importanti compagnie di navigazione (Cosulich Line e Navigazione Generale Italiana) nella Società Italia e al riordino della risultante flotta, il Conte Rosso fu noleggiato al Lloyd Triestino – che poi l’acquistò un anno più tardi – e fu impiegato sulla rotta Trieste-Venezia-Brindisi-Suez-Bombay-Singapore-Shangai.

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Nel 1935, durante la Guerra d’Etiopia, il governo di Mussolini lo requisì per trasportare truppe italiane e coloni in Africa Orientale Italiana. L’anno successivo, rientratone in pieno possesso, il Lloyd Triestino l’affidò allo Stabilimento Tecnico Triestino per i necessari lavori di “ristrutturazione” ne fece sostituire l’apparato motore con un nuovo apparato motore, costruito dalla Franco Tosi di Legnano, che vantava una potenza di 25.000 HP utile al conseguimento di velocità sino a 20 nodi. Probabilmente fu proprio questa caratteristica innovativa a renderlo appetibile per il Ministero della Guerra e, in particolar modo, per la Marina Militare che lo requisì il 3 dicembre 1940 per adibirlo al trasporto di truppe in Libia: l’equipaggio civile del piroscafo dimostrò in numerose occasioni coraggio ed efficienza effettuando numerosi viaggi sulla rotta di guerra Roma – Tripoli e trasportando indenni parecchie migliaia di uomini (fra cui per esempio, l’8 febbraio 1941, reparti della Divisione Ariete), sino al 24 maggio 1941.

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All’alba del 24 maggio 1941 (alle ore 04.40, secondo il diario di bordo) il “Conte Rosso” salpò – assieme ai piroscafi passeggeri “Esperia”, al piroscafo misto “Marco Polo” e alla motonave passeggeri “Victoria”, anch’esse adibite al trasporto di truppe – da Napoli diretto a Tripoli con a bordo 280 uomini d’equipaggio civile al comando dal triestino Fabris e 2449 (altre fonti parlano di 247 e 2482) fra ufficiali, sottufficiali e soldati di tutte le Armi (avieri, carabinieri, carristi, fanti e genieri), per un totale di 2729 uomini degli 8.500 uomini destinati al fronte libico: tanto campionario umano annoverava gente in dimestichezza con il mare e gente che invece lo vedeva per la prima volta, richiamati delle classi anziane e giovanissimi volontari, spesso universitari né mancava qualche “clandestino” come l’allievo ufficiale Bartolotta del 4° Rgt.Carristi, che s’era nascosto in una scialuppa pur di seguire in Africa il proprio reparto, malgrado l’ordine di restare a terra. Il convoglio veloce (viaggiava a oltre 17 nodi) era scortato dalle torpediniere “Procione”, “Pegaso” e “Orsa” e dal cacciatorpediniere “Freccia” ed era comandato dal Contrammiraglio Francesco Canzoneri. Alle 15.15 i bastimenti iniziarono l’attraversamento dello Stretto di Messina e a loro si unirono intorno alle ore 16.00, come scorta a distanza, i cacciatorpediniere “Ascari”, “Corazziere” e “Lanciere” e gli incrociatori pesanti “Trieste” e “Bolzano” della Terza Divisione e, per incrementare la vigilanza antisommergibile, le  torpediniere “Calliope”, “Perseo” e “Calatafimi”, che però sarebbero rientrate in porto in serata.

Al tramonto del 24 maggio il convoglio di cui faceva parte il “Conte Rosso” si trovava dunque circa dieci miglia al largo di Augusta su due file, con la scorta diretta su entrambi i lati e gli incrociatori, sempre di poppa, ad un paio di miglia e qualche idrovolante in missione antisommergibile che lo sorvolava.  Zigzagando a circa diciotto nodi su un mare tranquillo, i bastimenti seguivano la rotta a levante della Sicilia, pericolosa per la vicinanza di Malta, ma più rapida dell’altra a ponente. Poco prima delle 20.30 circa le navi cessarono di zigzagare per poter fare il punto della situazione prima del buio, mentre i Cant-Z rientravano ad Augusta.

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Erano le 20.33 quando, poche miglia più al largo, il Luogotenente Malcolm David Wanklyn**, Comandante del sommergibile “HMS Upholder” della British Royal Navy appartenente alla Flottiglia di Malta, vide apparirgli nette nel periscopio le sagome delle navi che si stagliavano sullo sfondo del luminoso tramonto: era in mare già da venti giorni e, nonostante fino a quel momento gli fosse riuscito di affondare soltanto un piccolo piroscafo, gli erano rimasti solo due siluri. Wanklyn decise di lanciarli entrambi: gli ordigni sfiorarono il “Freccia”, caposcorta, che sparò il Very verde per dare l’allarme e mise barra a sinistra per dare caccia e, insieme al “Corazziere” e al “Lanciere”, fu subito sull’unità nemica e, in meno di diciannove minuti, la misero fuori gioco danneggiandola seriamente con molte delle 37 cariche di profondità lanciate andate a segno. Sul Conte Rosso, che gli navigava sulla dritta a poca distanza, il segnale però non fu avvertito o, se lo fu, mancò il tempo per reagire con la manovra: fecero prima i siluri, squarciando lo scafo sulla sinistra, a proravia. Sulle prime sembrò che le esercitazioni di salvataggio fatte all’inizio del viaggio dovessero dare i loro frutti: i militari, secondo le disposizioni, si erano rapidamente concentrati a poppa, dove corse anche il Terzo Ufficiale di Guardia Predonzan che racconta: <<Dopo cinque minuti la nave cominciò ad appruarsi. Risuonò sinistro il “Si salvi chi può!” e fu il caos. Urlai, allora, ai militari infagottati nel salvagente di buttarsi in acqua. Ne spinsi parecchi oltre la murata, ma altri, non sapendo nuotare, non trovavano la forza di muoversi e si accovacciarono, vinti, ad attendere la morte. Tutto l’equipaggio civile si prodigò per ridurre le dimensioni del disastro: molti marinai pagarono con la loro vita la salvezza di oltre 1300 soldati. Non erano passati 10 minuti dal siluramento, che il Conte Rosso aveva già la poppa rivolta al cielo con le eliche che giravano ancora lentamente, sempre più alte sull’acqua. Il mare intorno brulicava di zattere e di teste, tutta gente in lotta disperata per la vita, tesa ad allontanarsi dal bastimento per evitare il tanto temuto gorgo. Dalle fiancate, ormai quasi verticali, grappoli di uomini scivolavano giù, appesi a penzoloni in posizione innaturale. Poi vi fu come un tuono, un immane ultimo respiro della nave, fatto di sibili e di schianti: lo scafo andò a picco veloce e diritto, quasi senza gorgo, mentre enormi bolle d’aria e di nafta salivano a galla, portando con se alla salvezza uomini già condannati.>> Erano effettivamente trascorsi soltanto otto minuti dall’ordine di lancio da parte del comandante Wanklyn quando il “Conte Rosso” affondò di prua a circa 10 miglia per 83° da Capo Murro di Porco in Sicilia (al largo di Siracusa): il relitto del Conte Rosso giace in posizione 36°41′ N, 15°42′ E. qzqjw9  036702

Nessuno saprà mai quanta, tra la gente che era in acqua aggrappata ai rottami od alle zattere o sostenuta dal salvagente, perì prima di poter essere salvata: certo l’ingestione di nafta o il colpo dei sugheri alla carotide dovettero mietere subito molte vittime. Gran parte delle vittime non ebbe effettivamente il tempo di abbandonare la nave o fu strangolata dai propri giubbotti salvagente, dopo essersi tuffata da un’altezza di decine di metri: l’appruamento aveva infatti portato il Conte Rosso ad impennare la poppa molto al disopra della superficie. Il “Corazziere”, il “Lanciere”, la “Procione” e la “Pegaso”, quindi, presero a rastrellare il mare a lento moto, aiutandosi a tratti con i proiettori: le altre navi, invece, proseguirono con il convoglio, che giunse indenne a Tripoli il mattino seguente. Frattanto, da Augusta, salpavano in fretta una decina di pescherecci del dragaggio, diretti anch’essi verso la zona del disastro. Tra le navi soccorritrici giunse anche la nave ospedale “Arno”, che trasportava feriti da Bengasi (Libia) a Napoli e che alle ore 23.00 deviò la rotta verso il punto dell’affondamento. Tutto ciò, per centinaia di uomini, costituì quindi la differenza tra la morte e la vita: con esattezza per 1.432 di essi, tanti quanti furono i superstiti che, sin dalle prime ore del 25, cominciarono a sbarcare ad Augusta. Qui, il Comando della base navale era già in allarme, e pronto a riceverli, anche se il loro numero elevatissimo poneva subito dei problemi di natura logistica, ospedaliera e assistenziale. La città viveva, invece, ore ancora incerte: s’era saputo della tragedia, ma gliene sfuggivano le proporzioni e probabilmente soltanto quando una prima colonna di camion carichi di naufraghi passò in via Principe Umberto, diretta al Comando di Terravecchia, e la gente dai marciapiedi e dalle case poté vedere decine di giovani denudati sui cassoni, coperti dai soli teloni, con dipinta sul volto l’immagine della durissima prova sopportata, allora capì e si commosse. Da un balcone, una mano gettò su un camion un pane perché portasse un primo conforto ai naufraghi: fu l’inizio di una gara, che trovò il limite solo nelle ristrettezze d’un paese che non era ricco, non era grande, e per di più già risentiva delle restrizioni dovute alla guerra. <<Ricordo ancora la generosa popolazione di Augusta, che con le lacrime agli occhi ci fece una commovente accoglienza.>> scrive tal Eleuteri, un superstite, e Rustia, un altro la cui lettera sta in cornice nello studio del Sindaco: <<A noi naufraghi fu riservata un’accoglienza affettuosa e piena di attenzioni, che mai potremo dimenticare.>> Augusta praticamente li adottò: sia  i 1432 vivi, sia i 1297 morti. Duecentotrentanove salme, tra cui quella del Capitano di Vascello Enrico De Bellegarde comandante militare del “Conte Rosso” furono recuperate e deposte sulla banchina sommergibili, che stentava a contenerle e ai funerali partecipò tutta la cittadinanza, frammista ai militari superstiti, che seguivano i feretri infagottati nelle tenute di fatica dei “marò” in attesa che dai depositi giungessero le nuove divise. Quelle salme, metà delle quali proseguirono per Siracusa per motivi di spazio, ricevettero un omaggio assiduo da parte degli abitanti di Augusta anche negli anni successivi, fin quando, verso il 1960, non ne venne disposta la definitiva traslazione ai paesi d’origine o al Sacrario messinese dedicato al Cristo Re.

Funerali

L’affondamento della nave passeggeri “Conte Rosso”, adibita al trasporto truppe verso l’Africa Settentrionale, provocò il più alto numero di vittime umane in un singolo bastimento di tutta la Seconda Guerra Mondiale all’interno della Marina Italiana e David Wanklyn, comandante dell’ “HSM Upholder” fu decorato, per questo siluramento, con la Victoria Cross: sarebbe poi morto, disperso in mare, il 14 aprile 1942 al comando del suo sommergibile, affondato dalla torpediniera “Pegaso” mentre cercava di attaccare un altro convoglio italiano nella zona di Tripoli. Gli uomini del “Conte Rosso” sopravvissuti, quindici giorni dopo il naufragio, furono inviati – dopo una breve licenza – a combattere su tutti fronti, dall’Africa alla Russia dove patirono altre drammatiche prove. La guerra non poteva, infatti, avere riguardi per chi, seppur ancora scosso nell’intimo, era tutta via rimasto integro nel fisico.

Questo drammatico evento continua, anche a distanza di decenni, a essere oggetto di toccanti commemorazioni.

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Nel 2007 l’Amministrazione Comunale di Augusta (SR) decise di commemorare la tragedia con un concerto della Fanfara del 12° Battaglione Carabinieri “Sicilia”. La compagine musicale militare si esibì, diretta dal Maresciallo Capo Paolo Mario Sena, il 19 maggio 2007. L’emozionante esibizione, presentata da Mirca Viola, si aprì con l’Ouverture “1812” di Pëtr Il’ič Čajkovskij particolarmente adatta coi suoi toni cupi, tristi e solenni che fanno pensare alla preghiera mesta per le vittime, quei lampi di cannone che richiamano la guerra e la morte, quei triangoli di sottofondo che fanno pensare all’allarme sulla nave che sta affondando nella concitazione nei soccorsi e quel suono cupo e potente alla fine che evoca l’ultimo richiamo del bastimento a vapore immediatamente prima di colare a picco http://youtu.be/doeb1fh3aec

Nel filmato, alcuni di voi probabilmente riconosceranno, al corno, il Brigadiere Alessandro Conte, Vice Capo Fanfara della Fanfara della Legione Allievi Carabinieri di Roma, nella tradizione molto bella dello scambio fra musicisti delle Fanfare dell’Arma – che speriamo possa continuare – alla quale la Fanfara dei Carabinieri di Palermo si è sempre prestata con entusiasmo.

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* Con la medesima onomastica e per la stessa compagnia di navigazione, dai cantieri di Glasgow uscirono in breve periodo anche le navi Conte Biancamano, Conte Grande e Conte Verde: quest’ultima era un’unità similare al Conte Rosso, sebbene leggermente più piccola, mentre le altre due, di costruzione successiva, erano più grandi e presentavano varie differenze. http://transatlanticera.blogspot.it/2012/12/blog-post.html

** David_Wanklyn_VC_IWM_A_7293 http://en.wikipedia.org/wiki/David_Wanklyn

Fonti: Notiziario della Marina, Anno XXXI N.7, luglio 1984, a cura di Tullio Marcon; “Genova, città dei transatlantici” di Paolo Piccione;
“La guerra italiana sul mare. La Marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943” di Giorgio Giorgerini; “Navi mercantili perdute (USMM)” di Rolando Notarangelo, Gian Paolo Pagano; http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2012/06/30/news/i-100-anni-di-luigi-superstite-del-conte-rosso-1.5343305http://www.galleriaroma.it/Eventi/2007/Immagini/Conte%20Rosso/Conte%20Rosso.htm; http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=15 .

Volo di note

Secondo una plurisecolare tradizione, la camera nella quale – a Nazareth in Galilea – la Vergine Maria nacque, fu educata e ricevette l’annuncio dell’ Arcangelo Gabriele era divenuto un piccolo santuario biblico, caduto in mano dei musulmani: per tale motivo questo venne traslato prima a Tarsatica in Dalmazia (1291), poi nella selva di Recanati e infine a Loreto (Ancona) nella notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294. La credenza popolare ha poi attribuito alla “mano di angeli” il trasporto a Loreto della Santa Casa.
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Papa Benedetto XV, accogliendo i desideri dei piloti della prima guerra mondiale (1914-1918), proclamò la Madonna di Loreto Celeste Patrona di tutti gli aviatori con il Breve Pontificio del 24 marzo 1920: il Santo Padre approvò anche la formula di benedizione degli aerei (costituita da tre orazioni speciali in cui si implora Dio affinché l’aereo serva alla sua gloria e al bene dell’umanità, si fanno voti di incolumità per coloro che se ne servono e si implora che la Vergine Maria e l’Angelo del Signore accompagnino i trasvolatori e li facciano arrivare incolumi alla meta) che fece inserire nel Rituale Romano. Il 12 Settembre 1920 si svolse dunque a Loreto una cerimonia religioso-patriottica per la proclamazione della Madonna di Loreto a Patrona e il 28 marzo 1923 venne ufficialmente fondata la Regia Aeronautica quale Forza Armata.
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Da allora, in tutti i Reparti si venera la Virgo Lauretana e ogni anno l’ Aeronautica Militare celebra tale legame particolare in varie occasioni.
Sabato 19 luglio 2014, per esempio, si è tenuto – grazie al patrocinio del Comune di Loreto e, soprattutto, all’instancabile impegno dei “ragazzi” della sezione “Gen. Giulio Douhet” * dell’ Associazione Arma Aeronautica – un bellissimo concerto intitolato Volo di note 2014.
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Dopo aver ascoltato i generosi e giovanissimi musicisti della Fanfara del Comando 1 Regione Aerea di Milano, diretti dal 1° Maresciallo Luogotenente Orchestrale Antonio Macciomei, siamo stati contagiati da tanto entusiasmo e gioiosità che stavamo per scrivere un titolo affettuosamente irriverente del tipo “Concerto della madonna in piazza della Madonna”, ma – state tranquilli – non lo scriverò. 😉
Scriverò soltanto che le note si sono librate in volo dai loro strumenti con tale eleganza e potenza da riempire una piazza grandissima sconfiggendo eco, rumori di vario genere, brusii, problemi di acustica di non poco conto…
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Scriverò soltanto che è stato emozionante vedere tanta gente battere le mani per tenere il tempo della bellissima Marcia d’ordinanza, che il Capitano della Regia Aeronautica Alberto Di Miniello – primo direttore del Corpo Musicale della Regia Aeronautica – compose nel 1937 ispirandosi al noto balletto “Amor” di Romualdo Marenco (un ballo kolossal in 2 atti e 16 scene che aveva riscosso un enorme successo sin dal suo debutto a La Scala di Milano nel 1886: 614 esecutori di cui 72 ballerine, 32 ballerini, 64 mimi, 48 corifee, 48 allieve, 350 comparse, 3100 costumi, 8000 oggetti, 12 cavalli, 2 buoi e un elefante).
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Scriverò solamente che è stato emozionante tornare fanciulla ascoltando le note della bellissima marcia sinfonica non priva di toni militareschi “Casertana” del M° Michele Lufrano** eseguite da musicisti tanto capaci quanto giovani, diretti dal sereno e determinato sorriso del Sergente Antonio Quaranta (apprezzato vice direttore).
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Scriverò soltanto che è stato emozionante ritrovarsi improvvisamente all’inizio degli Anni Venti – nel bel mezzo di un mercato persiano e in abiti principeschi – a danzare per amore di un califfo che passa con la sua carovana di guerrieri in groppa ai loro cammelli tutti bardati e circondata da giocolieri, incantatori di serpenti e mendicanti che chiedono l’elemosina con la loro tipica cantilena “Bakshish bakshish Allah empshi empshi” e poi improvvisamente sola e triste nel mercato ormai deserto di Albert William Ketèlbey…
Scriverò soltanto che è stato emozionante tornare ancora più indietro nel tempo – alla fine dell’Ottocento – e ritrovarsi seduta in un accampamento Lakota a sentire il discorso di un capo che si dice profondamente preoccupato dell’arrivo di tanti visi pallidi nel continente americano e contemporaneamente in mezzo a qualche sfarzoso ballo in una tenuta di qualche ricco latifondista degli Stati Confederati o durante una battaglia della Guerra d’Indipendenza o della Guerra di Secessione: merito della Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” di Antonín Dvořák e della saggia direzione del 1° Maresciallo Luogotenente Orchestrale Antonio Macciomei.
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ma anche dei timpani di Francesco Alemanno.

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Gli stessi timpani che ti fanno volare lontano lontano fino all’Europa del Nord nel XII secolo in mezzo a tanti nobili cavalieri medievali: suggestioni evocate dai “Carmina Burana” di Carl Orff.
…E pensare che questi giovanotti un po’ “scanzonati” non mi avevano ispirato grande fiducia nel loro talento musicale, mentre li osservavo scaricare i loro strumenti sul sagrato della Basilica della Santa Casa nella Piazza della Madonna di Loreto: mi sono dovuta ampiamente ricredere constatando un gran talento ed energia da vendere nei percussionisti Antonio Quaranta e Francesco Alemanno (Sergenti), Paolo Gravante (Aviere Capo) e Ferdinando Russo (1° Aviere Scelto, che solitamente suona la tromba!).
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Scriverò soltanto che è stato emozionante ritrovarsi nella Cuba degli Anni Cinquanta del Novecento, ma forse mi confondevo col Messico dei mariachi per colpa della “Conga del Fuego Nuevo” di Arturo Marquez e per merito del trombone ospite Giuseppe Boccucci, della tromba solista del Primo Aviere Fabio De Sario e del “piccolo” clarinetto in Mi bemolle del Primo Aviere Stefano Bove.
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Scriverò soltanto che è stato emozionante volare verso nord, superare i confini tra il Messico e il Nuovo Messico e dirigersi verso le Montagne Rocciose andando a ritroso nel tempo fino al 1862: può accadere se il flauto traverso dell’Aviere Scelto Irene Guido, il corno del 1° Aviere Angelo Ferraro e dell’ospite Martino Torquati, i clarinetti del Sergente Domenico Carratta e dell’Aviere Capo Ippazio Urro, la tromba dell’Aviere Capo Michelangelo Scarano e l’intera classe dei sassofoni della Fanfara del Comando 1^ Regione Aerea intonano le colonne sonore di “Once Upon A Time In The West” e di “The Good, The Bad And The Ugly” (composte dal Maestro Ennio Morricone e arrangiate da Johan De Meij nel suo medley “Moment for Morricone”) accompagnati dalla voce della mezzosoprano Lauren Holden…
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Scriverò soltanto che è stato emozionante ascoltare la voce di questa giovanissima mezzosoprano britannica cantare “New York, New York” e riuscire ad “arrivare” nei cuori di tutti gli spettatori nella grande Piazza della Madonna di Loreto, coprendo persino il rumore dell’acqua della fontana e mettendo a tacere i brusii del pubblico.
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Scriverò soltanto che è stato emozionante non riuscire a trattenere i piedi e lasciarli danzare al ritmo di “Ran kan Kan” di Tito Puente, “Quizas Quizas Quizas” di Osvaldo Farres e “Mambo Inn” di Mario Bauza – raccolti nel medley “Cuban sound” di Giancarlo Gazzani – dettato dagli ottimi percussionisti già citati, dalle trombe del Sergente Giuseppe D’Alessio, del 1° Aviere Scelto Antonio Bucci, dell’Aviere Capo Michelangelo Scarano e del 1° Aviere Fabio De Sario, dai tromboni dell’Aviere Scelto Innocenzo Fasano e degli eccezionali ospiti Giuseppe Boccucci e Daniele Guerrucci, dai sassofoni dei Sergenti Alessio Nicola Scalera e Carmine Aufiero e degli Avieri Samuele Cupellaro, Gaetano Pazienza e Antonio Potenza, dall’Euphonium del Sergente Antonio Damiano Manzari, dal Basso Tuba del Sergente Angelo Messina, dai clarinetti di Stefano Bove, Domenico Carratta, Daniele Simoniello, Ippazio Urro, Francesco Liquori, Alessia Rizzato, Domenicantonio Renzulli, Pasquale Piscitiello e Nicolò Molinini.
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Scriverò soltanto che è stato emozionante tornare nel tempo presente e nel luogo reale per assistere alla consegna di una targa ricordo da parte del Colonnello Giovanni Santilli – Presidente della sezione “Generale Giulio Douhet” di Loreto dell’Associazione Arma Aeronautica – al 1° Maresciallo Luogotenente Orchestrale Antonio Macciomei, che dirige con maestria i giovani musicisti della Fanfara del Comando 1^ Regione Aerea dopo una lunga esperienza da musicista nella Banda Musicale dell’Aeronautica Militare.
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Scriverò soltanto che è stato emozionante oltre ogni aspettativa cantare insieme a ciascuno di loro “Il canto degli Italiani” di Michele Novaro, che compose e scrisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana basandosi su un poemetto di Goffredo Mameli, nella pregevole trascrizione del M° Fulvio Creux.
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Se volete emozionarvi anche voi, eccovi il resoconto filmato dell’intera esibizione musicale.

Il bello di essere blogger piuttosto che giornalista dipendente di qualche testata sta nel poter ringraziare questi talentuosi e generosi giovani musicisti, nel poter fare a tutti e a ciascuno di loro complimenti vivissimi e nel poterli salutare uno per uno con una vibrante stretta di mano e un vigoroso abbraccio.

P.s.: Non accusatemi di non possedere il dono della sintesi: io ve l’avevo detto che era stato un “concerto della madonna” in piazza della Madonna.

* douhet_g Giulio Douhet (Caserta, 30 maggio 1869 – Roma, 15 febbraio 1930) è stato un generale italiano, teorico della guerra aerea. Nel 1921 pubblicò il trattato “Il dominio dell’aria” che ebbe una grande influenza sui contemporanei ed ancora oggi è oggetto di studi di ambito aeronautico-militare.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Douhet#Biografia
** cache_2420014208 Michele Lufrano (Sant’Arcangelo, 15 aprile 1915 – Noci, 17 febbraio 1996) è stato un compositore e direttore d’orchestra. Lufrano. Egli imparò da bambino a suonare la tromba ed esordì nel glorioso Concerto Bandistico di Squinzano, allora diretto da Gennaro Abbate, e ne divenne poi vice direttore e – alla morte di Abbate – direttore. È stato direttore di varie Bande “da giro” molto importanti nel panorama delle bande civili italiane: Banda Sant’Arcangelo (1938), Storico Complesso Musicale “G. Tito” di Valsinni (1940), Banda di Cepagatti, Banda Città di Chieti, Banda musicale di Gravina in Puglia, Grande Orchestra di Fiati e Percussioni “Città di Manduria”, Filarmonica “Città di Campana Teano”, Banda Musicale “Giacomo Puccini” Carovigno (1950), Banda di Guardiagrele, Orchestra di Fiati “Fedele Fenaroli” Città di Lanciano (1952-1956 e 1960-1962), Grande Orchestra di Fiati “Giacchino Ligonzo” Città di Conversano (1957-1959), Banda Musicale Città di Mottola (1961-1963), Associazione Banda di Castellana Grotte (1964-1965), Associazione Musicale “Giuseppe Verdi” di Francavilla Fontana (1966-1978) e Banda di Pescara (1983-1988). Ha diretto per anni la Banda Militare del 2 ° reggimento di fanteria, all’epoca di stanza nella provincia di Arezzo.
http://nl.wikipedia.org/wiki/Michele_Lufrano