<<Un tamburo lontano sembra richiamare il passo dei soldati; due euphonium intonano, in un clima nostalgico, il tema della canzone popolare, che poi si estende alla coralità dei clarinetti; uno squillo (che ricorda quello dell’Inno di Garibaldi) incita i giovani ad unirsi per eroiche imprese; il volontario si allontana, ed il suo canto si perde in lontananza, mentre l’eco dell’Inno di Mameli richiama i valori della Patria per la quale ci si batte.>>: non avrei saputo analizzare e descrivere meglio questa rielaborazione della nota melodia del canto in questione. Vi prego di ascoltarla a occhi chiusi per tornare indietro nel tempo e nello spazio: *
Proprio in questi giorni di fine gennaio di centosessantasei anni fa il popolo siciliano, ribellatosi al potere borbonico, aveva costretto Ferdinando II, Re delle Due Sicilie a promulgare la Costituzione (29 gennaio): il cosiddetto “effetto domino” aveva spinto Leopoldo II, Granduca di Toscana (17 febbraio), Carlo Alberto, Re di Sardegna (4 marzo) e papa Pio IX (14 marzo) al medesimo passo. Nel marzo del 1848 le rivolte erano divampati anche a Milano e Venezia contro il potere degli Asburgo: i combattimenti, particolarmente aspri nel corso delle Cinque Giornate di Milano, avevano costretto il Maresciallo Josef Radetzky – comandante dell’esercito austriaco nel Lombardo-Veneto – ad abbandonare la città. Carlo Alberto di Savoia, Re di Sardegna, probabilmente ispirato dal desiderio di evitare una rivoluzione anche all’interno del proprio regno mostrandosi come un liberale, aveva approfittato di quel frangente politico per muovere guerra contro l’Impero austroungarico: il 23 marzo 1848 egli aveva dunque dichiarato l’inizio della Prima Guerra d’Indipendenza. Le truppe austriache si erano ritrovate costrette a ritirarsi all’interno delle fortezze del cosiddetto Quadrilatero (Peschiera, Verona, Mantova e Legnago) che costituiva il nucleo difensivo dell’esercito asburgico nel Lombardo-Veneto e riusciva a mantenere i collegamenti con la madrepatria attraverso un passaggio lungo la costa orientale del Lago di Garda: a Sud, a Ovest e a Est del Quadrilatero avevano cominciato a raggrupparsi le forze dei volontari e degli stati italiani che man mano decidevano di entrare in guerra contro l’Austria.
Eran quasi tutti studenti. Saputa la dichiarazione di guerra, a Pisa, uno d’essi era salito sopra un banco dell’aula magna e aveva gridato ai compagni : « Chi ha sedici anni e non viene in Lombardia è un vile!». I più anziani avevan gridato : « Si vien tutti ! ». Ed erano corsi in fortezza ad arruolarsi. Altrettanto fecero gli universitari, studenti e insegnanti, di Siena. Gli studenti di Firenze, invece, prima di partire per la Lombardia, si raccolsero intorno al tavolino del Caffè Castelmur di via Calzaioli a cui era seduto il loro amico “Cicoria” detto anche “Bassocrilo fiorentino”, un giovane pianista e compositore di Pontassieve, intento nella scrittura de “L’addio del volontario toscano che parte per la Guerra d’Indipendenza”: si trattava di Carlo Alberto Bosi, professore d’organo nel Regio Istituto Musicale di Firenze, anch’egli immediatamente arruolatosi nel battaglione di volontari toscani diretti al Nord. Essi erano tutti studenti e docenti universitari “comandati” dal professore di astronomia Ottaviano Fabrizio Mossotti. V’era tra essi anche lo scienziato pisano Leopoldo Pilla, che avrebbe resistito eroicamente per più di sei ore con un manipolo di scolari e avrebbe trovato la morte sul campo di Curtatone insieme a loro, spirando mentre pronunciava la frase: « Non ho fatto abbastanza per l’Italia! ». …Eppure proprio la prolungata resistenza di quegl’inesperti studenti toscani permise all’esercito piemontese di concentrarsi a Goito e di vincervi la più bella battaglia del ’48…e quella che sembrava poco più di una goliardata studentesca buttata giù alla bell’e meglio su un pezzo di carta e con in testa il ritornello di un motivetto patriottico tedesco (“Oh Strassburg. oh Strassburg Der unerbittliche Hauptmann”, 1771) e una cantilena toscana – come si dice “le note sono solo sette”? – si trasformò in una vera e propria epopea. La Battaglia di Curtatone e Montanara, combattuta il 29 maggio 1848 da “soldati” toscani e napoletani da una parte e truppe asburgiche dall’altra nei luoghi situati tra i due paesi nei pressi di Mantova, rappresenta una fra le più simboliche battaglie della prima guerra di indipendenza: giovani volontari male equipaggiati e non addestrati e in grave inferiorità numerica, avevano tenuto testa per un intero giorno ad uno dei più potenti e addestrati eserciti europei, dimostrando il valore della nascente nazione italiana. Dai campi di battaglia di Curtatone e Montanara la maggior parte degli oltre trecento temerari partiti dalla Toscana in Toscana non fece più ritorno, eccezion fatta proprio per Bosi e una manciata d’altri: essi offrirono la loro vita per la nostra libertà tra il 28 e il 29 maggio del 1848 insieme ai loro compagni di lotta e colleghi di università provenienti da Napoli (circa un centinaio) ma l’eco delle loro voci limpide e gioiose che intonavano “Addio, mia bella, addio!” continuò a risuonare e a diffondere gli ideali di amore per la patria e per la libertà…e così il loro spirito combatté a fianco dei volontari nelle battaglie di Palestro e di San Martino durante la Seconda Guerra d’Indipendenza (1859, stesso anno della sua pubblicazione in “Versi e canti popolari d’un fiorentino”) e durante la spedizione dei Mille (1860) e diedero loro man forte, considerati i risultati.
Da canzone che descrive un episodio di vita tanto intimo e personale quanto può essere considerato l’addio alla propria fidanzata essa prese nuova vita proprio da tutti quei morti sul campo di battaglia e divenne canto corale “di massa” in cui si esalta la necessità essere bravi uomini e soldati, coraggiosi e uniti come un sol uomo, frugali e pronti all’estremo sacrificio: non rimane più traccia del tono di obbligo che si ravvisa nel “Partire, partirò” che caratterizza i canti di epoca napoleonica e il verso finale, seppure apparentemente rivolto solo all’amata, ci lascia percepire le speranze ed il pensiero di un’intera generazione. <<Io non ti lascio sola, ma ti lascio un figlio ancor: sarà quel che ti consola, il figlio dell’amor>> è rivolto all’Italia intera ed è rivolto a tutti e a ciascuno di noi: rappresenta il lascito della pace, della democrazia, della libertà del popolo italiano che, grazie a quei giovinotti, avrebbe continuato a fiorire per sempre.
Questo il testo originale: <<Addio, mia bella, addio: l’armata se ne va; se non partissi anch’io sarebbe una viltà! Non pianger, mio tesoro: forse ritornerò; ma se in battaglia io moro, in ciel ti rivedrò. La spada, le pistole, lo schioppo li ho con me: all’apparir del sole mi partirò da te! Il sacco preparato sull’omero mi sta; son uomo e son soldato: viva la libertà! Non è fraterna guerra, la guerra ch’io farò; dall’italiana terra lo straniero caccerò. L’antica tirannia grava l’Italia ancor: io vado in Lombardia incontro all’oppressor. Saran tremende l’ire, grande il morir sarà! Si muora: è un bel morire, morir per la libertà! Tra quanti moriranno forse ancor io morrò: non ti pigliare affanno, da vile non cadrò. Se più del tuo diletto tu non udrai parlar, perito di moschetto per lui non sospirar. Io non ti lascio sola, ti resta un figlio ancor: nel figlio ti consola, nel figlio dell’amor! Squilla la tromba…Addio…L’armata se ne va…Un bacio al figlio mio! Viva la libertà!>>
A riprova dell’immortalità di questo canto, che divenne il canto della partenza dei militari per tutte le guerre successive sino alla Seconda Guerra Mondiale e tuttora viene cantato dai nostri militari, mi permetto di riportare una sintetica, ma significativa rassegna stampa sul brano:
<<Sovra tutte le altre numerosissime canzoni del ’48, della cui fine nulla è dato di sapere, rimane sempre gioconda, vibrante e gentile quella di cui dettò i versi Alberto Bosi, senza che mai si conoscesse il nome del musicista. L’hanno cantata nelle trincee i nostri soldati: […] Addio, mia bella, addio è la canzone che Wagner, sulla fede di Enrico Panzacchi che l’ebbe a sentire, ha elogiato e, quasi, invidiato all’Italia.>> (Il Decennale, Valecchi Editore, 1929)
<<Questo popolarissimo canto patriottico, compagno fedele delle nostre glorie e delle nostre sciagure militari da Curtatone a Roma, allietò per la prima volta le schiere dei volontari e degli studenti toscani che, nel 1848, accompagnati questi ultimi da molti dei loro professori, vollero ingrossare le schiere dell’esercito di Re Carlo Alberto. Trovarono quasi tutti la morte gloriosa sui campi di Curtatone e Montanara. Autore del canto fu il fiorentino Carlo Alberto Bosi, del quale ben poco si sa e di cui si conoscono poche poesie di non molto merito letterario. L’autore della musica è ignoto.>> (Canti della Patria – II Edizione – Ed. Giudici, Clusone BG, 1936)
<<Popolarissimo canto patriottico scritto dal fiorentino Carlo Alberto Bosi: allietò le schiere dei volontari e degli studenti toscani che nel “48 si unirono all’esercito piemontese e combatterono strenuamente a Curtatone. Questo addio del volontario, nato col titolo «II volontario che parte per la guerra dell’indipendenza» è la gemma. più preziosa della musica patriottica del 1848.>> (I Canti del Risorgimento Italiano – Antica Casa di Musica Ernesto Ferrari, 1937)
<<Popolarissimo canto, compagno fedele delle glorie e delle sciagure militari da Curtatone a Roma. Allietò per la prima volta le schiere dei volontari e degli studenti toscani che, nel 1848 corsero ad ingrossar le schiere dell’esercito di Re Carlo Alberto, e quasi tutti trovarono morte gloriosa sui campi di Curtatone e Montanara. Autore del canto fu il fiorentino Carlo Alberto Bosi, del quale ben poco si sa e di cui si conoscono poche poesie. L’autore della musica è rimasto ignoto.>> (Canti della Patria – III Edizione – Ed. Giudici, Clusone BG, 1941)
<<Dopo quasi un secolo l’ingenua ma graziosa canzonetta, appare fresca come un fiore d’aiuola e s’ode ripetere ad ogni partenza di militari, con la stessa allegra baldanza di un tempo.>> (I Canti degli Italiani – I Fascicolo dal 1799 al 1918 – Edizioni G. Campi, Foligno,1942)
* Fulvio Creux – ADDIO, MIA BELLA, ADDIO – Piccolo bozzetto popolare – Edizioni Scomegna (esecuzione della Banda dell’Esercito Italiano – Direttore Fulvio Creux – Roma, Teatro dell’Opera, 27 aprile 2002 – La musica di Rai 3 – produzione Rai 3 Raitrade)