Letteratura per banda

Nella sala intitolata a monsignor Antonio Murero – fu amato e indimenticato parroco a Forgaria nel Friuli – si è svolto un pregevole Concerto della Fanfara della Brigata alpina “Julia”, diretta dal Sergente Maggiore Flavio Mercorillo.

Un interessante programma musicale a sostegno di una lodevole iniziativa benefica finalizzata all’acquisto di attrezzature mediche per il reparto di urologia del Presidio Ospedaliero “Sant’Antonio” a San Daniele del Friuli.

Tra i brani eseguiti nel corso della serata di venerdì 20 gennaio 2023 – organizzata dal Comune e dalla Proloco di Forgaria in stretta collaborazione con il locale Gruppo Alpini dell’ Associazione Nazionale Alpini e con il Comando della Brigata Alpina Julia dell’Esercito Italiano – anche ENGLISH FOLK SONG SUITE di Ralph Vaughan Williams (un pilastro della letteratura per banda che raramente – o forse mai!? – si sente eseguita da una fanfara/banda militare italiana). Eppure il compositore inglese l’aveva pensata proprio per banda militare: fu eseguita, per la prima volta in pubblico, il 4 luglio 1923 alla Kneller Hall – all’epoca, sede della Royal Military School of Music e del Museum of Army Music – con il titolo di Folk Song Suite. La diresse il tenente Hector Ernest Adkins. Successivamente, il pezzo fu arrangiato per orchestra completa (1924) da Gordon Jacob (allievo dell’autore) e pubblicato con il titolo English Folk Song Suite, per banda di ottoni in stile britannico (1956) da Frank Wright e pubblicato come English Folk Songs: Suite. Tutte e tre le versioni furono pubblicate da Boosey & Hawkes, che ne ha curato anche la pubblicazione – nel 2008 – di partitura e parti complete che incorporano correzioni agli errori di scrittura evidenti nell’edizione originale e includono l’aggiunta di numeri di chiamata alla partitura e alle parti, i titoli delle canzoni popolari (aggiunti dove si trovano nella musica) che compongono la Suite e altre annotazioni utili ai direttori di corpi bandistici che volessero eseguirla.

Purtroppo posso proporvi soltanto un estratto dei tre movimenti: la marcia Seventeen Come Sunday (che raccoglie le canzoni popolari inglesi Seventeen Come Sunday, Pretty Caroline e Dives and Lazarus), l’Intermezzo My Bonny Boy (che comprende l’omonima canzone e il valzer inglese Green Bushes) e la marcia finale Folk Songs from Somerset (che comprende i brani popolari inglesi Blow Away the Morning Dew, High Germany, Whistle, Daughter, Whistle e John Barleycorn).

Altra “perla”, il poema sinfonico IL VERDE LIRI di Francesco Marchesiello (*), grazie al ritrovamento del manoscritto autografo ritrovato dal figlio dell’autore, negli Anni Novanta, tra le musiche paterne amorevolmente custodite e alla sua pubblicazione nella collana Florilegio Italico (Collana di musica per Banda di autori italiani dal Settecento ad oggi, a cura del Maestro Fulvio Creux, per le Edizioni Santabarbara).

La direzione della esecuzione di questo brano è stata affidata al Graduato Scelto Antonio Tomaipitinca, studente di composizione e direzione di orchestra di fiati al Conservatorio di Musica “Jacopo Tomadini” di Udine.

“Il poema sinfonico Il verde Liri è stato composto nel periodo bellico Ottobre – Maggio 1944, quando l’autore – sfollato con la famiglia sulle montagne della Ciociaria, nelle immediate ed infuocate retrovie del fronte di Cassino – cercava rifugio e riparo all’incalzare delle operazioni belliche che seminavano tutto intorno rovine e morte. Nella circostanza, il Maestro Marchesiello, in contrapposizione a tale rappresentazione tragica degli avvenimenti, per una incontenibile esigenza di purificazione e serenità interiore, nel felice ricordo degli anni trascorsi nella città di Sora, sua seconda patria, manifestò tutto il suo amore per questo rilevante elemento naturale sorano: il fiume Liri, che attraversa la città in un immenso letto di acque ancora incontaminate e di colore verde edera, che scorrono velocemente lungo tutta la ubertosa valle omonima, dando origine alle famose ed impetuose cascate ad Isola del Liri. Privo, allora, di adeguate dighe di protezione, spesso, con il periodo delle piogge si gonfiava, straripando dal suo letto naturale, dando origine a grosse inondazioni che rappresentavano un vero pericolo per gli abitanti della zona.
Nella partitura vengono evocati in maniera suggestiva tutti gli effetti spettacolari del corso d’acqua, come i colori, il rumore del vento e delle onde, l’improvvisa collera delle inondazioni, gli spruzzi di schiuma argentea delle cascate e il mutare di luci e ombre dall’alba al crepuscolo. La composizione, pertanto, è caratterizzata da momenti lenti, malinconici e struggenti che si trasformano, quasi subito, in travolgenti e impetuosi, tanto da trasmettere una grande energia vitale che pervade tutto il Poema.
Il fluttuare di momenti tanto diversi viene trasmesso dall’autore con cambiamenti repentini di tempi e di ritmi e con l’indicazione meticolosa dei segni di espressione che egli avrebbe voluto fossero messi in rilievo nell’esecuzione, anche a costo di penalizzare il rispetto dei tempi segnati. Affida il leitmotiv al Clarinetto, strumento principe di tutte le sue composizioni, ma utilizza anche i Corni e le Percussio­ni per esprimere, rispettivamente, la sua dolcezza e la sua grande energia vitale.
Il Maestro Marchesiello infonde ne Il verde Liri la propria visione della forza dell’acqua come forza della natura, che egli trasforma, con la musica, in forza di vita vista attraverso la sua profonda sensibilità di uomo buono e di artista.”: con queste parole la professoressa Francesca Marchesiello (docente nei Conservatori di musica di Salerno e Matera prima e del Conservatorio Statale di Musica “Nicola Sala” a Benevento, poi) descrive il meraviglioso poema sinfonico, di cui vi propongo un frammento (grazie alla registrazione effettuata da Overland Channel). Se ne avessi la possibilità chiederei al Maestro se il titolo della sua composizione sia stato in qualche modo ispirato al nome Verde che il sommo poeta Dante Alighieri aveva dato al fiume Liri nel Canto III del Purgatorio e nel Canto VIII del Paradiso della Divina Commedia.

Non posso esimermi dal fare i miei complimenti al giovane aspirante direttore, al suo direttore e a tutti i musicisti della Fanfara della Brigata alpina Julia e dal porgere i miei ringraziamenti al Comando Truppe Alpine, per la gentile collaborazione.

(*) Francesco MARCHESIELLO (Marcianise, 1893-1980), che aveva studiato clarinetto con il Maestro Bernardino Picone, a soli quattordici anni vinse il concorso di 1°clarinetto nella Banda Bianca di San Severo e – nel periodo 1908-1910 – si esibiva già come solista nei maggiori teatri italiani. Nel frattempo si dedicò allo studio di armonia, contrappunto, composizione, direzione e strumentazione per banda con i Maestri Francesco Cilea, Camillo De Nardis e Raffaele Caravaglios e si diplomò al Conservatorio di musica San Pietro a Maiella di Napoli. Verso la fine della prima guerra mondiale divenne vice direttore della Banda del Corpo della Regia Guardia di Finanza. Nel 1920, iniziò la sua attività di direttore di corpi bandistici con la Banda musicale di Balsorano e, nel 1921 accettò l’incarico di direttore della Banda sinfonica della Città di Sora in Ciociaria, dove si stabilì con la famiglia per lunghi anni. Nel 1929, che può forse essere definito il suo annus horribilis costituì – con l’aiuto economico del fratello, ma con risultati disastrosi proprio a causa di difficoltà finanziarie – un complesso bandistico (costituito da ben ottanta elementi) nella sua città natale e fu eliminato – nonostante si fosse classificato al primo posto dopo tutte le prove – dal concorso per Maestro Direttore della Banda della Guardia di Finanza poiché non aveva provveduto a iscriversi al Partito Nazionale Fascista). La sua carriera di direttore di bande musicali proseguì comunque con successo a Fontana Liri, Ceprano, Sturno, Matera, Monteroduni, Napoli, Alife e Auletta e non solo. Soprattutto durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, Marchesiello si dedicò alacremente alla composizione: concerti per violino e per organo, messe, sinfonie per orchestra e – va da sé – composizioni originali per banda.

In copertina, Le gole del Vitarello (1797) in un’opera di Jakob Philipp Hackert.

Il piatto di Sant’Antonio

La storia narra che Santa Maria degli Angeli, ancora oggi importante nodo stradale sulla tratta Roma-Firenze, era – almeno fin dal 1640 – stazione di posta e deposito di smistamento dei cavalli. Questi erano ospitati nelle spaziose stalle della casa Boschetti, ove era visibile – all’ingresso – sulla vela di una volta, l’immagine affrescata del Santo Protettore degli animali in atto di scongiurare il fuoco che sta per investirlo: simbolo della epidemia che, in quel tempo (a cavallo dell’Anno Domini 1860), mieteva vittime nelle campagne limitrofe e che fu fermata da Sant’Antonio abate. Poiché il gravissimo morbo non risparmiava neppure i cavalli dei postiglioni, costoro invocarono – con solenne triduo di preghiere – il Santo Eremita affinché, sconfiggendo il morbo, salvasse anche i cavalli. La loro preghiera non fu vana e i beneficati decisero, in segno di devota riconoscenza, di offrire a tutte le genti in quei giorni presenti una modesta refezione e di solennizzare l’imperitura gratitudine per la grazia ricevuta mantenendo tale tradizione negli anni e nei secoli a venire. Così nacque la consuetudine del Piatto di sant’Antonio: una porzione di maccheroni, due fette di carne in umido, quattro salsicce, due polpette di carne, pane, mezzo litro di vino e due mele. Tale impegno è stato fedelmente raccolto da tutte le successive generazioni e tramandato, fino ai giorni nostri, da regolare prioranza appositamente istituita.

La devozione, anziché affievolirsi, aumentò sempre più e cominciò a caratterizzarsi non solo con manifestazioni di culto esteriore, ma anche con la solidarietà verso i poveri del Paese: dopo aver attraversato, in un crescendo devozionale e di espansione folcloristica, il XIX e il XX secolo, questa lodevole tradizione é giunta nell’attuale XXI secolo “in gran forma”: in questi ultimi venti anni, un numero sempre maggiore di persone provenienti da tutta l’Umbria e non solo (si parla di oltre diecimila presenze) partecipano fisicamente alla processione religiosa che si svolge la domenica immediatamente successiva il 17 gennaio e migliaia di altri la seguono attraverso i mass media e i social media.

Allo scopo di non disperdere il patrimonio artistico e culturale, accumulatosi con il passare del tempo, per iniziativa della Pro Loco si ebbe a costituire l’ASSOCIAZIONE DEI PRIORI DEL PIATTO DI SANT’ANTONIO ABATE – Associazione di Promozione Sociale, fondata nel 1978, che ha sede nel Palazzo del Capitano del Perdono, che accoglie anche il Museo del Piatto di Sant’Antonio abate – che potesse difenderne l’autenticità delle fonti storiche e la tipicità angelana. Grazie a questa, sin dalla seconda metà del XX secolo, la manifestazione laico – religiosa del Piatto di Sant’Antonio Abate a Santa Maria degli Angeli, avvalendosi anche dell’impegno e dell’opera dell’Associazione dei Priori emeriti, ha avuto un’accelerazione espansiva, nel rispetto di un assioma: innovazione nella tradizione. L’Associazione dei Priori e la Prioranza in carica non si sono più limitate ad organizzare eventi solo nei giorni del Triduo in onore del Santo (che , negli anni, hanno visto più volte la partecipazione della Fanfara a cavallo della Polizia di Stato o dell’ Arma dei Carabinieri ), ma si sono adoperati per iniziative in campo artistico e storico, culturale e musicale che coprono l’intero anno sociale e che si svolgono in diverse aree geografiche italiane. Nello spirito più profondo della Festa del Piatto, hanno intessuto relazioni umane, sociali, religiose, folcloriche o di vera e propria amicizia fino formare una speciale rete spiritual-religioso-sociale con tanti borghi italiani, caratterizzati dalla devozione al Santo e ai valori fondanti del messaggio antoniano.

Oggi il Piatto di sant’Antonio viene consumato – nella domenica immediatamente successiva al 17 gennaio – dai residenti e dagli Angelani (così si chiamano i nativi e gli abitanti di Santa Maria degli Angeli) che vivono fuori dalle mura amiche, insieme ai loro amici e conoscenti (cui, spesso, si uniscono non pochi pellegrini e turisti), nelle osterie e nei ristoranti locali ad un prezzo politico: per tradizione, infatti, i Priori serventi debbono provvedere a gran parte della spesa: non bisogna mai dimenticare che il Piatto è nato come offerta gratuita verso i bisognosi!

I Priori serventi sostengono la parte principale delle spese per la realizzazione del ”Piatto“ (é diventata, da tempo, tradizione realizzare anche un piatto votivo in ceramica, in onore del Santo)

e lo inviano – proprio nel giorno della Festa di Sant’Antonio – ai Priori entranti (ognuno dei serventi ne sceglie uno tra le persone che più stima e meglio conosce): se il Piatto viene accettato, vuol dire che si accetta l’incarico; se viene respinto significa che si rifiuta. Il giorno successivo – durante il pranzo ufficiale – avviene lo scambio dei poteri (in realtà, il servizio del Priore deve essere una rimessa personale poiché esso é frutto di una volontà d’amore e di una scelta intima, spirituale ed umana). Questa particolare cerimonia avviene, da secoli, ogni anno. Purtroppo, a causa della pandemia di Covid-19, dal 2020 la Prioranza é “costretta” a resistere in carica: si prevede, al momento, fino al 2023.

Alamari Musicali ricorda con particolare emozione e commozione le edizioni del 20 gennaio 2013 e del 19 gennaio 2014 (cliccando qui trovate album fotografico)

e saluta con particolare affetto lo staff del Dal Moro Gallery Hotel, il proprietario di Sapori dall’Umbria e Nadia.

Per informazioni e aggiornamenti:

Associazione dei Priori del Piatto di Sant’Antonio Abate

Piazza Garibaldi – Palazzo del Capitano del Perdono

06081 – Santa Maria degli Angeli – ASSISI (Pg)

Cell. Presidente: 3382350756 – Vice presidente: 3487709764 – 3388461215 – Segretario: 3291105211

Mail: info@festasantantonio.it – Pec: festasantantonio@pec.it